Grammatica, questa sconosciuta. La penisola italica è sempre stata terra di navigatori, d’inventori e di grandi pensatori, nonché di altrettanto illustri letterati. Il patrio suolo degli italiani diede infatti i natali a mostri sacri della parola scritta come Gabriele D’Annunzio, Giosuè Carducci, Ugo Foscolo, Giacomo Leopardi, Dante Alighieri…la lista è pressoché sterminata. Lo studio delle letteratura nostrana è infatti materia imprescindibile nei nostri istituti scolastici e tratto distintivo della nostra cultura.
Di recente però gli italiani, di parlare italiano, non ne vogliono più sapere. O almeno è questo ciò che emerge dalla deriva sgrammaticata ch’è stata presa da una grossa fetta della popolazione nostrana, sempre meno incline all’apprendimento delle regole della linguistica autoctona e, di contro, sempre più incline ad affidarsi ad un raffazzonato “fai-da-te” di vocaboli e punteggiatura spesso senza alcun senso compiuto.
In altre parole, rispetto ai nostri avi stiamo diventando refrattari all’uso corretto della grammatica in ogni sua forma, dalle più complesse alle più semplici. Spesso però la situazione degenera in maniera ridicola, producendo strafalcioni che farebbero saltare gli occhi fuori dalle orbite ai grandi padri della nostra lingua. Quali sono i più comuni? Scopriamoli insieme.
Tra gli errori più comuni figura certamente l’uso sbagliato dell’apostrofo, spesso sfruttato impropriamente anche per le declinazioni al maschile. Alle scuole elementari insegnano che l’apostrofo si utilizza solamente al femminile (es. “Qualcun’altra” sì, “Qualcun’altro” no; “Un altro” sì, “Un altra” no), ma molti dimenticano questa semplice regola.