Il caso Moby Prince è uno dei tanti misteri italiani, dove l’unica cosa certa sono i morti: 140; e come avviene sempre in queste occasioni, sembra che nessuno sia colpevole di niente. Ma grazie alla dettagliata ricostruzione fatta dagli inviati del de “Le Iene“, è stato possibile apprendere nuove scioccanti verità.
Era la notte del 10 aprile del 1991, quando il traghetto Moby Prince – partito da Livorno e diretto ad Olbia con 141 persone – entrò in collisione con la petroliera Agip Abruzzo, dalla quale fuoriuscì del greggio in quantità tale da fare incendiare la Moby Prince, che distaccatasi incominciò a vagare nelle acque antistanti Livorno.
Da questa sciagura si riuscì a salvare solo un uomo, Alessio Bertrand, che ai soccorritori disse più volte della presenza di persone ancora vive sulla nave. Soccorsi che ufficialmente ebbero difficoltà a individuare la nave per colpa della nebbia, ma che – secondo l’indagine de Le Iene – non furono fatti in modo sistematico.
I soccorsi invece, si apprende dal servizio, si concentrarono sul recupero della petroliera, a discapito di 140 vite umane. Una decisione sbagliata secondo tanti, tra i quali il comandante De Falco (noto anche per aver gestito le operazioni di salvataggio della nave da crociera Concordia) che sottolinea il fatto che la nave fosse ricoperta di acciaio e che i passeggeri si erano spostati nel salone principale, dove i presenti avrrebbero potuto vivere per almeno 120 minuti.
Tempo sufficiente per iniziare le operazioni di soccorso e di spegnimento di parte delle zone infuocate. Ma ciò che accadde purtroppo fu ben diverso. Dalle immagini mandate in onda si evidenziano anche zone della nave che non sono state mai toccate dalle fiamme, facendo cadere quindi la convinzione che la nave fosse completamente avvolta dal fuoco.
Secondo il comandante De Falco non ci fu un soccorso coordinato tra le varie autorità. Accuse pesanti verso chi era a capo dei soccorsi quella sera, ovvero l’Ammiraglio Sergio Albanese, la cui posizione processule è stata archiviata. Ma ciò che lascia spiazzati e a bocca aperta sono anche i numeri.
Già, perchè dalle ricostruzioni effettuate – che contrastano con le dichiarazioni dell’Ammiraglio Albanese – rivelano come sulla Agip Petroli furono mandati 5 rimorchiatori – il cui servizio era retribuito con circa due miliardi e mezzo di lire a mezzo. Ecco forse spiegato uno dei motivi per i quali si decise di lasciare morire 140 persone.