Può una pubblicità del latte diventare un vespaio di polemiche sulle questioni dell’omofobia e della diversità di genere? La domanda è chiaramente retorica: di questi tempi a quanto pare ogni cosa è possibile, e qualsivoglia inezia può rappresentare terreno d’aspre battaglie politica ed ideologica. Persino la reclame del latte.
La curiosa situazione è emersa a Brescia, dove la Centrale del Latte locale ha lanciato un nuovo spot per promuovere il proprio prodotto. Peccato però che la pubblicità sia stata accolta con enorme sdegno da parte delle associazioni “in difesa della famiglia tradizionale”, a causa della presenza di un uomo truccato che gioca con una bambina.
I detrattori dello spot sottolineano infatti come quel contesto generico possa essere un richiamo ad un “padre transessuale“, cosa peraltro sottintesa da un’esegesi nient’affatto cervellotica del messaggio testuale in sovraimpressione, recitante: “La mia famiglia ha un nuovo formato“. Insomma, il tentativo di far leva su una questione di grande attualità per fare sensazionalismo è piuttosto palese in realtà, ma fino a che punto può venire criticata questa scelta?
La doppia chiave di lettura dello spot della Centrale del Latte di Brescia si risolve nella sponsorizzazione del prodotto primario – il nuovo formato da 33 cl della bottiglia di latte, per l’appunto – con un richiamo sottotestuale al “nuovo formato della famiglia” proposto dalla legittimazione delle unioni civili, e per estensione dei nuclei familiari omosessuali.
Una furbizia che però ha fatto letteralmente infuriare i militanti dell’associazione “Generazione Famiglia La Manif Italia“, i quali hanno tempestato Facebook di insulti e polemiche riguardanti proprio il messaggio di latenza della pubblicità in questione.
“Secondo la Centrale del Latte di Brescia nei novi formati di famiglia il papà (ma forse è il Genitore 1) si trucca da donna, e a quel punto a che serve la mamma? A niente, quindi scompare” ha attaccato il gruppo sul social network. Ancora più caustico il commento dell’ex assessore Mario Labolani: “Da oggi non comprerò più niente della Centrale del Latte. Pensare di pubblicizzare i loro prodotti con il manifesto di uomini truccati da donna è aberrante. Anzi, andrebbero rimossi i proprietari“.
I diretti interessati si sono però difesi spiegando che il giovane presunto transessuale in realtà non sarebbe altro che lo zio che gioca con la nipotina. Analizzando lo spot da una prospettiva generalista, è indubbio che i pubblicitari della centrale abbiano voluto battere su una tematica controversa e d’attualità per amplificare la forza del messaggio ed ottenere una reazione emotiva di grande impatto sullo spettatore.
Ma se questo fosse davvero da considerarsi poco etico, per estensione andrebbero chiuse praticamente tutte le agenzie pubblicitarie esistenti sul pianeta. D’altronde il loro mestiere è proprio questo: creare pubblicità che sortiscano una risposta non ignorabile nel potenziale acquirente. Da questo punto di vista, testimonial transessuale o meno, la Centrale del Latte di Brescia ha indubbiamente lavorato benissimo.