Neonato abbandonato nel treno della circumvesuviana

Il piccolo era avvolto in una busta di plastica tra gli stracci sotto un sedile. Il bimbo, chiamato Carmine, forse abbandonato da un'araba, è stato affidato alle cure del Moscati di Avellino

Neonato abbandonato nel treno della circumvesuviana

Solo un respiro affannoso nessun pianto. Gli occhi aperti, la bocca spalancata a cercare aria. Così è venuto al mondo una seconda volta, un neonato ritrovato in un vagone della circumvesuviana di Napoli, era coperto in un busta di carta e avvolto in una coperta e da una giacca di un pigiama. Il piccolo Carmine così è stato ribattezzato da un’ infermiera dell’ospedale Moscati di Avellino in cui è ricoverato, ha avuto per culla un vagone di coda di un metrostar etr 839.

Ad abbandonarlo è stata una donna , forse di nazionalità araba, salita alla stazione di Casalnuovo e scesa qualche stazione prima di Baiano. Indossava il burqa ma il viso era scoperto. La sua immagine è impressa su un  fotogramma delle telecamere di videosorveglianza del metroster visionate per ore dai carabinieri che ora sono sulle sue tracce. Erano le 14,17 quando il treno della circumvesuviana partito da Napoli è arrivato al capolinea della stazione di Baiano, minuscolo avamposto irpino della compagnia ferroviaria dove si arriva dopo aver attraversato 18 comuni tra zona vesuviana e Nola.

E’ domenica ci sono pochi passeggeri, per lo più studenti che tornano a Napoli dopo il sabato in famiglia. Il macchinista apre le porte dei vagoni per far scendere la gente, ed inizia il suo solito giro di perlustrazione per controllare se tutto nel treno è ok, viene seguito come sempre dall’addetto alle pulizie. Il tempo di arrivare all’ultimo vagone e scoprono un fagotto di carta sotto il seggiolino. La busta è rigida, di quelle del supermercato. Il tempo di aprirla e spunta il viso di un neonato, non piange, respira affannosamente ed è coperto da pochi stracci. Un’ immagine scioccante.

Gli impiegati non perdono tempo avvertono subito il centro operativo dell’azienda e da qui si avvisano le forze dell’ordine ed il 118. In poco tempo il neonato Carmine è nelle braccia di un infermiere che in  ambulanza lo porta ad Avellino. Stavolta viene adagiato in una culla vera, quella calda e luminosa di un’incubatrice, ad accoglierlo nel reparto di neonatologia dell’ospedale Moscati. Un’infermiera decice che quel piccolo di due chili e mezzo ed appena cinque giorni di vita cui nessuno ancora ha tagliato il cordone ombelicale si chiamerà Carmine ed avrà per mamme tutte le operatrici del nosocomio Avellinese. Quella vera è ricercata dai carabinieri; da una prima ricostruzione dovrebbe essere straniera e avrebbe preso il treno a Casalnuovo e scesa poco dopo lasciando il piccolo in un ventre di carta in attesa di nascere una seconda volta.

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