L’Isis è sempre più in crisi: se da una parte infatti si stanno moltiplicando i tentativi di attentati ad opera dei foreign fighters in Occidente, dall’altra lo Stato Islamico non era mai stato così in crisi prima d’ora, incalzato sia dalle truppe regolari locali via terra che dai bombardamenti degli Alleati.
Pochi giorni fa era addirittura arrivata la notizia della morte di Wael Hassan Salman al-Fayyad, meglio conosciuto semplicemente come il “Dottor Wael“, ministro dell’Informazione del Califfato. Wael era il cervello della propaganda dell’Isis, ed anche il suo araldo ufficiale – il portavoce Abu Mohammed al-Adnani – era perito una settimana prima sempre a causa dei bombardamenti.
L’Isis ha provato a rispondere al massacro con un video del califfo Abu Bakr al-Baghdadi, l’uomo a capo dell’organizzazione terroristica (il quale ha in questo modo rotto un silenzio che perdurava oramai da ben due anni), ma la televisione panaraba al-Arabiya ha identificato il gesto come un tentativo disperato di distogliere l’attenzione dal fatto che i vertici dell’Isis stiano venendo sistematicamente sterminati dalla pioggia di bombe.
E’ stata inoltre pubblicata una lista contenente i nomi dei trenta leader dell’Isis ancora invita, tra i quali figurano – oltre al capo dei terroristi – lo stratega di fiducia del califfo, Abu Ali al-Anbari, l’ex vice capo di Al Qaeda Abu Suleiman al-Nasser, il braccio destro di al-Baghdadi Abu Abdel Qader ed il “ministro dei Muhaijrun”, ovverosia colui che sta a capo della catena di reclutamento dei foreign fighters, noto con il nome di Abu Qassem.
Proprio l’eccezionale ondata di follia scatenata dai combattenti stranieri dell’Isis potrebbe essere sintomatica della crisi che sta attraversando il Califfato in questi giorni: l’escalation degli episodi di violenza da parte di fondamentalisti islamici ritenuti “lupi solitari” rappresenta dunque il canto del cigno per lo Stato Islamico?