Marcinelle, località belga situata alla periferia di Charleroi, rimarrà indissolubilmente legata ad una delle più grandi tragedie dell’emigrazione italiana. L’incendio sviluppatosi l’8 agosto 1956 nella miniera di carbone di Bois de Cazier provocò la morte di 262 persone: 136 di loro erano emigrati italiani.
In quegli anni i nostri connazionali fuggiti dalla miseria di un paese ancora piegato dalle conseguenze disastrose della seconda guerra mondiale, venivano trattati dai belgi alla stregua di comuni prigionieri di guerra. Erano i “musi neri” o gli “sporchi maccaroni” per via della fuliggine di carbone costantemente presente sui loro volti. Questo particolare era di sé sufficiente a testimoniare le massacranti condizioni di lavoro a cui erano costantemente sottoposti. Ma anche le condizioni di vita erano precarie e di assoluta miseria: gli emigrati venivano alloggiati nelle baracche che negli anni ’40 erano dapprima state utilizzate come lager dai nazisti e successivamente riconvertite a campi di prigionia in cui internare i nazisti stessi.
Alla conclusione della seconda guerra mondiale il Belgio si ritrovò con una buona disponibilità di risorse a fronte di una scarsità di manodopera; l’Italia a sua volta registrava una situazione diametralmente opposta. Le materie prime erano poche così come le opportunità di lavoro. Con tali premesse i due paesi decisero di sottoscrivere un accordo: forza lavoro verso il Belgio in cambio di carbone per l’Italia.
Sulla base di tale accordo molti italiani raggiunsero il Belgio dove vennero impiegati giorno e notte nelle miniere i cui pericolosi cunicoli erano alti appena 50 centimetri. Per loro era previsto un periodo minimo di lavoro di un anno, con conseguente arresto nel caso di rescissione anticipata del contratto.
La mattina dell’8 agosto 1956 alcuni vagoni utilizzati per il trasporto del carbone furono caricati su di un ascensore del pozzo 1 presente all’interno della miniera. Non ci si accorse però che uno di questi sporgeva di alcuni centimetri dal vano di carico dell’ascensore, che per un errore umano fu fatto risalire verso la superficie. Il vagone sporgente tranciò i cavi elettrici oltre ai tubi dell’olio ad alta pressione necessari al funzionamento degli strumenti da lavoro della miniera. La combinazione di questi eventi provocò un vasto incendio che si diffuse ben presto in ogni angolo della miniera. Per i minatori rimasti intrappolati non ci fu nulla da fare: i superstiti furono soltanto 13.
Nonostante l’assenza di efficaci sistemi di sicurezza, la successiva inchiesta sulle responsabilità del disastro scagionò la società delle miniere di Bois du Caziere. Vari cavilli legali furono sufficienti a non assicurare la dovuta giustizia alle innumerevoli vittime di una strage che si poteva facilmente evitare.