I costi della sanità aumentano e gli italiani non si curano più

L'Ufficio parlamentare di bilancio lancia l'allarme: gli italiani rinunciano sempre di più alle cure e la legge di stabilità 2016 del governo Renzi, con i suoi potenziali tagli al Fondo sanitario nazionale, non aiuta.

I costi della sanità aumentano e gli italiani non si curano più

L’Ufficio parlamentare di bilancio lancia un allarme inquietante: gli italiani preferiscono non curarsi piuttosto che pagare il ticket per le prestazioni sanitarie, soprattutto nelle fasce più povere. Le cause vanno ricercate nel costo dei ticket molto più elevati rispetto a qualche anno fa (i ticket per le prestazioni sanitarie sono infatti aumentati del 33% dal 2010 al 2014), alle liste d’attesa infinite e alla povertà crescente. Ad alimentare questo atteggiamento, inoltre, c’è anche la decisione di molte regioni di chiudere presidi sanitari, come ambulatori ed ospedali, rendendo difficoltoso il raggiungimento dei pochi rimasti (solo in Puglia se ne chiuderanno ben 25, a causa di un taglio del governo Renzi di ben 40 milioni nel bilancio).

La nuova legge si Stabilità del 2016 prevede ulteriori potenziali tagli al Fondo sanitario nazionale, scelta che di sicuro, in una situazione di rinuncia alla cura operata dai cittadini, non aiuta. 

Le statistiche dell’Ufficio parlamentare di bilancio spaventano, ben il 7,1 % degli italiani rinuncia a farsi visitare, percentuale che sale vertiginosamente al 14,6% nelle fasce più povere. Dati inquietanti che non avevamo avuto neanche prima della grande crisi del 2007 – 2009 e della grande austerità del 2011 – 2012 sotto il Governo Monti, dove le percentuali di chi rinunciava a curarsi non hanno mai superato il 5,2%. 

Nel rapporto dell’Ufficio parlamentare di bilancio si nota anche un catastrofico aumento di chi decide di non andare dal dentista, ben il 18,6% della popolazione italiana. Lo stato, inoltre, sottovaluta l’importanza del sostegno psicologico e psicoterapeutico ai fini del benessere psicofisico dei suoi cittadini; in molte regioni, infatti, non è più possibile rivolgersi a psicologi e psicoterapeuti attraverso la sanità pubblica, ma solo privatamente, facendo salire vertiginosamente la percentuale di chi rinuncia a tale prestazione. 

L’Upb sintetizza lo studio diffuso nei giorni scorsi: “Emergono alcuni segni di limitazione dell’accesso fisico (razionamento) ed economico (compartecipazioni) e tracce di una tensione nell’organizzazione dei servizi, legata alla limitatezza delle risorse finanziarie e umane, che potrebbero rivelarsi insostenibili se prolungate nel tempo”. Parole difficili, ma difficilmente maleinterpretabili: l’allarme è reale e tagliare ulteriormente i fondi per la sanità pubblica potrebbe portare a conseguenze disastrose ed irreversibili, e chissà, forse anche all’adozione del modello americano. 

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