Se in Italia un insegnante mettesse i suoi alunni a pulire le aule scolastiche molte persone lo considererebbero un abuso. Eppure in Giappone i bambini puliscono non solo le classi, ma perfino i bagni. In molte primarie e secondarie giapponesi, ogni giorno gli studenti hanno il compito di spazzare, servire la merenda e pulire i bagni come la normalissima parte dei loro doveri scolastici: è la pratica conosciuta come o-soji.
“A scuola, un alunno non solo studia le materie, ma impara anche a prendersi cura dei luoghi comuni e a essere un cittadino più consapevole”, spiega il professor Toshinori Saito.
Il professor Saito si sente profondamente orgoglioso di questa loro tradizione: “anche io ho collaborato a tenere la scuola pulita, così come fecero i miei genitori e i miei nonni, e siamo felici di ricevere questo compito che ci responsabilizza”.
La pratica del o-soji, che a molti di noi potrebbe sembrare quasi una forma di sfruttamento infantile, per i genitori e gli insegnanti giapponesi è una parte importante della formazione dei bambini e degli adolescenti. Dagli 8 anni di età fino ai 16, gli studenti giapponesi sono incaricati di mantenere pulita la scuola.
Ma non solo si occupano delle pulizie, devono anche servire gli alimenti ai loro compagni: nella maggior parte delle scuole giapponesi non c’è un’area specificamente attrezzata per il pranzo, e per questo motivo gli alunni si occupano di organizzare l’aula dove si svolgono anche le lezioni e di servire il pasto. Dopo aver mangiato, poi, inizia l’ora del riordino e delle pulizie.
E nessuno si lamenta, perché è stato sempre così: i lavori di pulizia non sono un castigo, ma un dovere di tutti.
Questo però non deve far pensare che nelle scuole del Giappone non ci sia il personale addetto alle pulizie (c.d. Yomushuji), ma solo che far partecipare i bambini ai lavori di pulizia contribuisce alla presa di coscienza del fatto che ciò che si sporca va pulito e lasciato in buone condizioni per le future generazioni.