Il ddl sulla buona scuola passa l’esame al Senato con un margine positivo di 47 voti favorevoli. Diverse però le proteste e le manifestazioni di disapprovazione prima e dopo il voto. Le organizzazioni sindacali hanno organizzato una sorta di blitz contro la riforma fuori dal ministero dell’istruzione, dalla Camera e da Palazzo Madama.
I vari schieramenti politici hanno attraverso varie dichiarazioni espresso il loro punto di vista su questo ddl che per molti, anziché portare ad una buona scuola, condurrà alla fine della scuola pubblica.
Secondo Beppe Grillo, questo ddl ha ucciso la scuola pubblica italiana. Per Grillo, questo ddl è frutto dell’arroganza e dell’ignoranza di un governo che anziché rafforzare il ruolo della scuola pubblica lo ha di fatto indebolita e trasformata nella brutta copia di un’azienda.
Il Movimento 5 stelle ha espresso il suo estremo dissenso per questo ddl dei lumini rossi proprio per celebrare metaforicamente la morte della scuola pubblica italiana, con al braccio una fascia nera in segno di lutto ed infine cartelli con su scritto: “scuola pubblica riposa in pace “.
Sel, invece, hanno espresso il loro dissenso indossando magliette bianche con la scritta “Libertà di insegnamento” e “Diritto allo studio“, usando fischietti contro il governo.
Di parere diametralmente opposto è quello del ministro della pubblica istruzione Stefania Giannini che la definito il ddl della buona scuola come “un’operazione gigantesca”. Segno di un impegno serio portato avanti con professionalità dal Governo.
Bene, questo ddl ha acceso sin dalla sua prima stesura violente reazioni tra gli appartenenti al mondo politico, alle organizzazioni sindacali e, soprattutto, tra chi nella scuola ci lavora come gli insegnanti. Dalla maggior parte degli addetti ai lavori questo progetto della “buona scuola” è stato definito pessimo e lontano anni luce da ciò che può definirsi buono. Attraverso questo ddl si sta rischiando di trasformare la scuola in un’azienda dove il preside diventa una manager e il suo interesse principale è quello di ottenere finanziamenti affinché la sua “impresa” funzioni bene.
Si è perso di vista il fine primario della scuola di un tempo: insegnare a vivere agli studenti; insegnargli che il sacrificio paga sempre e che la meritocrazia è il metro di valutazione di cui l’insegnante si serve. La scuola sta diventando sempre più un luogo per la negazione di tutti i principi di un tempo.
Chi ne pagheranno le conseguenze sono semplicemente gli studenti di oggi e le future classi dirigenti del futuro. La “buona” scuola sta rischiando di formare una classe di ignoranti e tutto questo col beneplacito dello Stato italiano.