Via libera del Collegio dei commissari europei alla proposta legislativa dell’esecutivo comunitario che prevede il ricollocamento all’interno dei Paesi dell’Unione Europea di 40mila migranti richiedenti asilo: 24mila dall’Italia e 16mila dalla Grecia. La proposta introduce il piano d’emergenza di cui si parla ormai da due mesi, e passerà ora all’attenzione del Parlamento Europeo e degli Stati Membri. Mentre al Parlamento la maggioranza ha già espresso il suo sostegno all’operazione, una decina di capitali dei Paesi appartenenti al gruppo degli Stati Membri sembrano essere contrarie, e le perplessità arrivano anche da parte della Francia e della Spagna.
Questo meccanismo di ricollocamento intra-Ue verrà applicato solamente ai profughi siriani ed eritrei arrivati in Italia e in Grecia a partire dallo scorso 15 aprile. Ad ogni Paese l’operazione propone una solidarietà minima, senza che sia necessario fissare quote. Come precisa il commissario Ue all’Immigrazione Dimitris Avramopoulos, infatti, “Noi non proponiamo di stabilire quote. Quota è una parola che non ci piace e non abbiamo mai usato“. Avrampoulos ha poi continuato spiegando che il piano operativo di Triton include anche l’area dell’ex operazione italiana Mare Nostrum, e che i suoi obiettivi maggiori siano il controllo delle frontiere e il portare in salvo vite umane.
I prossimi incontri cruciali per l’approvazione della proposta legislativa per il ricollocamento di questi 40mila profughi saranno il consiglio dei ministri Ue degli Affari interni del 15 giugno ed il vertice dei leader il 26 giugno, data in cui la proposta dovrà essere approvata a maggioranza qualificata. Se non verrà raggiunta la maggioranza il progetto non potrà partire e la proposta legislativa dovrà essere ridiscussa.
Intanto l’Ue afferma che Italia e Grecia verranno monitorate per quanto riguarda la raccolta delle impronte digitali di tutti i profughi sbarcati sulle loro coste. Sia la Grecia che l’Italia, infatti, dovranno inviare una roadmap sulla prima accoglienza dei profughi e sulla raccolta delle loro impronte entro un mese dalla decisione e, nel caso i Paesi non rispettassero gli obblighi previsti inviando un report sulla situazione aggiornata ogni tre mesi, la Commissione Europea potrà decidere per la sospensione dei trasferimenti.