Alla fine, a pagare è lo Stato, e quindi i cittadini. Parliamo del “più grande caso di corruzione italiana“, ovvero la vicenda Imi-Sir che ha visto condannare giovedì scorso Vittorio Metta e Giovanni Acampora, costretti a risarcire i danni al gruppo Intesa Sanpaolo. Ebbene i due, nonostante sia stato provato che abbiano ricevuto tangenti per oltre mille miliardi di vecchie lire, al momento risultano insolvibili.
La vicenda inizia nel 1990, quando la Sir del petroliere Nino Rovelli fa causa alla Imi, colpevole di non avergli concesso i crediti che le avrebbero permesso di salvarsi. Pur essendosi dimostrata una società ‘poco seria’ (“baraccone clientelare”, la definisce Il Fatto Quotidiano), l’Imi fu costretto a risarcire la Sir di 1.000 miliardi di lire: la Imi era statale, quindi pagò lo Stato. Nel 1992, Ilda Boccassini e Gherardo Colombo provarono che in quella sentenza vi erano stati dei giudici corrotti (tra cui Vittorio Metta), corrotti dagli avvocati Acampora, Pacifico e Previti per conto dei loro clienti, i Rovelli appunto.
La sentenza arriva al terzo grado solo giovedì, con la banca che nel frattempo è entrata nel gruppo Intesa Sanpaolo. Il danno complessivo di quella vicenda ammonta a 570 milioni, con Previti e Pacifico che hanno versato 114 milioni ciascuno, 160 gli eredi Rovelli, mentre Acampora e Metta risultano insolventi. Restano scoperti, quindi, 173 milioni.
Ricapitolando l’incredibile vicenda, lo Stato (allora rappresentato dall’Imi) ha subito un torto da un privato (la Sir) per 1.000 miliardi, trasformati in 570 milioni. Ne ha ricevuti indietro solo 397, mentre i restanti 173 deve pagarli a Intesa Sanpaolo, nel frattempo diventato un privato, perché la legge 117 del 1988 impone allo Stato di coprire, in caso di insolvenza, il risarcimento dei danni “cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati”, essendo chiamato ad intervenire anche per l’avvocato corruttore Acampora, che ha agito nel medesimo disegno corruttivo del giudice corrotto Metta. Tra i 173 ‘non rimborsati’ e i 173 che è chiamato a mettere, da questa vicenda lo Stato ha perso 346 milioni: siamo in Italia, c’è poco da fare.