Il mondo è con il fiato sospeso per conoscere il destino di Palmira, la ‘sposa nel deserto’ che ora, è ufficiale, è caduta in mano all’Isis, come testimonia una foto diffusa su Twitter che mostra la bandiera nera del Califfato che sventola sulla cittadella antica. Già nei giorni scorsi erano arrivate notizie circa la conquista dei miliziani della città, praticamente senza che il leader siriano Bashar Al Assad opponesse alcuna resistenza: questa foto è emblematica, l’Isis ha messo le mani su Palmira.
Finora, non è stato ancora possibile verificare la veridicità della foto, ma sembra proprio che la situazione sia questa: le rovine di Palmira, a 240 chilometri da Damasco, rischiano di essere distrutte dall’Isis, come ha reso noto l’Unesco. L’esercito regolare siriano sta subendo una sconfitta dopo l’altra, dal fronte composto dai ribelli anti-Assad, dall’Isis e dal Fronte Al Nusra. E’ il direttore del museo di Palmira, Maamoun Abdulkarim, a rendere nota la situazione di Palmira: “hanno rotto delle repliche in gesso, sono ritornati venerdì, hanno chiuso le porte e posto delle guardie di fronte”.
Una buona notizia è che molte delle statue trasportabili, dei gioielli e dei manufatti sono stati messi al sicuro, ma non si hanno numeri precisi e, soprattutto, nessuna zona è più sicura nel circondario. Spiega ancora il direttore: ““Abbiamo gradualmente inviato i reperti archeologici a Damasco, ma ci sono parti enormi come sarcofagi che pesano 3-4 tonnellate e che non siamo in grado di spostare. Questo è ciò che ci preoccupa. Ci auspichiamo che non si ripetano le distruzioni di cui l’Is è stato responsabile in Iraq“.
Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha “condannato con forza gli atti terroristici barbarici che continuano ad essere commessi in Siria”, auspicandosi “profonda preoccupazione per le migliaia di abitanti nella città, come come per quelli sfollati. Chiediamo che ai civili sia garantito un passaggio sicuro per fuggire dalla violenza e riafferma che la responsabilità primaria di proteggere la popolazione spetta alle autorità siriane“.