Scendono in piazza gli insegnanti francesi, per protestare contro le riforme introdotte dal ministro dell’Istruzione Najat Vallaud-Belkacem, approvate ad aprile dal Consiglio superiore dell’educazione. Il 50% dei professori delle scuole medie (le scuole toccate dalla riforma, che in Francia durano 4 anni) avrebbe aderito alla protesta, contro una riforma annunciata come indispensabile per ridurre le ineguaglianze e il fossato invalicabile tra buoni alunni e cattivi alunni, a detta del ministro caratteristiche della scuola repubblicana.
Tra i punti della riforma, vi è la soppressione delle classi bilingue, sostituite dall’introduzione dalla seconda media di una seconda lingua straniera per tutti; inoltre, viene messo in atto il tentativo di ridurre lo studio di greco e latino, visti come simboli di una scuola elitaria. Tra le novità, anche l’introduzione di corsi interdisciplinari pratici e della possibilità, da parte delle scuole, di decidere autonomamente parte del programma. Troppa carne a cuocere, troppe novità per la scuola francese. Dopo le prime polemiche, il Governo ha subito ritirato la riduzione delle ore di latino e greco, che sarebbero state relegate negli insegnamenti pratici interdisciplinari, ovvero di quegli insegnamenti quasi totalmente a discrezione del singolo insegnante: un modo per far scomparire le lingue classiche, secondo i detrattori della Riforma.
Le polemiche si sono scatenate anche per la riformulazione dei programmi scolastici, in particolare di quello di storia, che prevederebbe l’insegnamento di moduli obbligatori e moduli facoltativi: la nascita dell’Islam rientrerebbe fra i primi, mentre il cristianesimo medievale e l’Illuminismo no, relegano in una posizione di ‘subordinazione’ dei capisaldi della storia francese. Secondo alcuni, è un segno dell’islamizzazione della Francia.
Michel Lussault, presidente del Consiglio superiore dei programmi, ha detto di non capire le polemiche, visto che si tratta di un testo in bozza, ancora da revisionare e da migliorare in molti dei suoi aspetti. Ha ricordato, poi, che lo studio della nascita dell’Islam è già oggi materia obbligatoria, e che non capisce il senso di questa protesta.