E’ stato condannato a morte Mohamed Morsi, l’ex Presidente egiziano e leader dei Fratelli Musulmani (conosciuti in patria come il Partito di Libertà e Giustizia), per l’evasione di massa avvenuta il 25 Gennaio 2011 nel corso della Rivoluzione attuata contro il regime di Hosni Mubarak. Morsi, rimasto in carica come Presidente dell’Egitto dal 30 Aprile 2011 al 24 Giugno 2012, è stato infatti ritenuto responsabile di aver organizzato la grande fuga, che coinvolse più di 20.000 detenuti appartenenti al gruppo di Hezbollah ed ai militanti palestinesi di Hamas in tutto il Paese.
Inoltre, insieme allo stesso Morsi evasero altri 30 detenuti reclusi nel carcere di Wadi El-Natroun, dove l’ex Presidente egiziano stava scontando la sua pena. Sono stati 132 in tutto gli imputati coinvolti nel maxi-processo che ha visto la sentenza di morte venire emessa nei confronti del “numero uno” dei Fratelli Musulmani, con l’accusa di evasione, attacco al carcere ed omicidio di 28 agenti di polizia.
Mohamed Morsi era già stato condannato in precedenza a 20 anni di reclusione per incitamento alla violenza, a causa degli episodi che l’hanno visto protagonista negli attacchi ai manifestanti contrari al suo regime avvenuti nel 2012, nel corso del suo mandato in qualità di Presidente del Paese. Oltre al leader dei Fratelli Musulmani sono stati condannati a morte altri due esponenti appartenenti ai vertici delle gerarchie del movimento, rispettivamente Khairat al-Shater (il numero due di Mohamed Morsi) e Mohammed el-Beltagi, segregario generale del partito.
Non è tuttavia ancora detta l’ultima parola: infatti secondo le leggi locali, la sentenza di morte non è ancora effettiva ma dovrà prima pronunciarsi in merito il Gand Mufti. Il Grand Mufti è la massima autorità legale islamica del Paese, ed è colui che ora dovrà approvare o meno la condanna a morte. Infatti, benché la decisione del Grand Mufti non sia di fatto vincolante, cionondimeno è tenuta in altissima considerazione dal tribunale, il quale si riserva di emettere il verdetto definitivo solamente dopo la risposta dell’autorità religiosa.