Erano partiti in venti, sono diventati rapidamente diverse decine. Dopo i danni degli infiltrati tra i No Expo, che hanno devastato Milano, hanno deciso di indossare guanti e tute e dare una bella ripulita alla città: c’è da coprire le scritte sui muri e coprire le tracce lasciate dai 500 che il 1° maggio hanno lasciato una scia di caos per le vie del centro.
Giuliano Pisapia, il sindaco di Milano, non può mancare a questo appuntamento, e arriva alle 16 in Piazzale Cadorna, e urla al megafono: “Questa è la festa della Milano che unisce, della Milano che reagisce, della Milano che si ribella a ogni sopruso e ogni violenza. Mattarella mi ha detto che è ammirato, entusiasta della risposta data, ha detto che debbo e dobbiamo essere orgogliosi perché siamo esempio per tutto il paese“.
Nel frattempo, da decine le persone sono diventate migliaia. Ventimila, secondo il sindaco. Giovani, famiglie, anziani, tutti hanno voluto dare il loro contributo per ricostituire la normalità in una città che, per qualche ora, non è stata padrona di se stessa. I segni, sia ben chiaro, restano eccome, anche non metaforicamente. Pensiamo all’angolo in via Carducci, all’angolo con via Magenta, dove la vetrina di un negozio è ancora annerita dal fumo dell’incendio.
E diventa un corteo festante, un corteo pacifico proprio come quello dei No Expo, se non fosse stato per i 500 esagitati che hanno deciso di sventrare il centro città. La manifestazione si chiude alla nuova Darsena, con Pisapia che sale di nuovo sul palco e dice: “Milano non si arrende, Milano guarda avanti senza dimenticare. Milano sarà capitale del dibattito sull’eguaglianza sociale. Non ci hanno rovinato la festa ci hanno dato più forza per continuare”. Poi prende il microfono Roberto Vecchioni, che dice: “Oggi è una delle giornate più commoventi della mia vita”.