Su 630 deputati stipendiati dal popolo italiano, erano solo in 20 quest’oggi al primo incontro per discutere l’Italicum, la legge elettorale proposta dalla maggioranza di governo. Strascichi di polemiche in TV, ma a Montecitorio ne discutono in 20: che sia lo specchio dell’impegno dei politici italiani? Così come per l’informativa sulla morte di Giovanni Lo Porto, in cui l’aula era semivuota, anche oggi la Camera non ha fatto una bella figura: eppure, come detto, si tratta di una proposta molto dibattuta, dai toni molto accesi nei salotti; nemmeno questo è bastato.
Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha affermato che quella dell’Italicum è “la battaglia più difficile della legislatura”, ammettendo che “non approvarla adesso significherebbe bloccare il cammino di riforme di questa legislatura. Sarebbe il più grande regalo ai populisti. Davvero è così assurdo chiedere che dopo 14 mesi di dialogo parlamentare si possa finalmente chiudere questa legge di cui tutti conosciamo il valore politico?”. Ci troviamo, in effetti, di fronte a un tutti contro tutti: da un lato la maggioranza di governo, dall’altra tutte le opposizioni e la minoranza del Pd, che denunciano le modalità e i contenuti dell’Italicum.
Le tappe della legge sono ancora tante. Innanzitutto, c’è la richiesta di sospensiva da parte dell’opposizione per cambiare l’ordine dei lavori, col voto palese, che non sembra particolarmente difficile da superare per i renziani. Martedì 28 aprile si voteranno invece le cinque pregiudiziali presentate da Sel, M5S e Lega le quali, se fossero approvate, bloccherebbero la legge; Renzi potrebbe così ricorrere al voto di fiducia per superare l’eventuale problema. Poi, si passerà alla discussione degli articoli, fino ad arrivare al voto finale, previsto entro il 7 maggio. Quella che viene considerata la legge del “consociativismo” (Rosy Bindi, minoranza Pd), quella che nei fatti “è peggio del Porcellum” (un po’ tutta l’opposizione), sembra una battaglia serrata. A parole.