Cambia sesso dopo il matrimonio: restano i diritti civili

Un caso particolare quello di Alessandra Bernaroli, nata Alessandro, e sua moglie: il Comune di Bologna dichiarò la cessazione dei diritti civili nati con il matrimonio; ora la Cassazione si schiera dalla parte dei coniugi

Cambia sesso dopo il matrimonio: restano i diritti civili

Cosa succede ai due coniugi se uno dei due cambia sesso? Ebbene, i diritti civili dichiarati con il matrimonio non vengono meno con il passare del tempo, pertanto il Comune non può imporre il divorzio. Questo è sancito dalla Cessazione, intervenuta sul caso di Alessandra Bernaroli, nata uomo, e di sua moglie Alessandra T., dichiarando come sia “illegittima l’annotazione di cessazione degli effetti civili del matrimonio apposta a margine dell’atto di matrimonio delle ricorrenti e le successive annotazioni”, disponendone “la cancellazione”.

Dopo il cambio di sesso, avvenuto nel 2009, il Comune di Bologna aveva annotato la cessazione dei diritti e degli effetti civili consolidati attraverso il matrimonio. La coppia si era opposta nettamente, ribadendo i propri diritti, e la Corte Suprema (allora indifferente sul caso) è finalmente, dopo sei anni, dalla loro parte precisando che la conservazione dello statuto dei diritti e dei doveri propri del modello matrimoniale è tale fino a quando il legislatore non consenta ai due di mantenere in vita il rapporto di coppia giuridicamente regolato con altra forma di convivenza registrata che ne tuteli adeguatamente diritti ed obblighi.

Pertanto, rimangono validi tutti gli effetti della coppia eterosessuale anche se uno dei due coniugi decide di cambiare sesso, di cambiare la propria identità sessuale (bisogna tener conto che il cambiamento di genere non è un processo assolutamente semplice.

La Cassazione, con la sua sentenza, ha fatto sì che il mantenimento dello status giuridico della coppia fosse protetto da una parte (è un loro diritto fondamentale), ma dall’altra manda una “frecciatina”, se così possiamo chiamarla, al Parlamento Italiano che è, purtroppo, fortemente in ritardo sul riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali.

Anche l’Arcigay nazionale si pronuncia su questo argomento, rappresentato dal presidente Flavio Romani che, appunto, sottolinea come lo Stato avesse bisogno di questo segnale di Giustizia e aggiunge “Oggi abbiamo di fatto il primo matrimonio tra persone delle stesso sesso pienamente valido in Italia e paradossalmente non giunge attraverso una legge del Parlamento, cioè da dove lo attendiamo da tanti anni. Anzi, il pronunciamento dell’Alta Corte proprio al Parlamento manda un messaggio inequivocabile: le unioni tra persone delle stesso sesso vanno riconosciute al più presto”.

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