“Mi condannano a morte, mamma, ed è colpa tua”. Diventa virale su Facebook

Nelle ultime ore, diverse bacheche di Facebook sono state colonizzate dalle commosse parole di rimprovero che un condannato a morte avrebbe rivolto alla sua madre troppo permissiva. Scopriamo cosa si cela dietro tutto ciò.

“Mi condannano a morte, mamma, ed è colpa tua”. Diventa virale su Facebook

In queste ore, su internet – in particolar modo sui social network più popolari – sta circolando una toccante lettera che un condannato a morte nelle carceri americane avrebbe dedicato a sua madre. Di cosa si tratta?

Tutto è iniziato qualche giorno fa quando il sito “Attivo.tv” ha pubblicato la lettera di un galeotto da qualche tempo nel braccio della morte: la lettera era dedicata alla madre e suonava come un monito a quelle madri che, per pigrizia o per eccessiva tolleranza, rinunciano ad educare i propri figli, facendone – così – dei potenziali delinquenti.

Nella lettera di cui parliamo, in particolare, il prigioniero – del quale era allegata anche una foto – spiegava che a dover essere condannata a morte avrebbe dovuto essere anche la madre. Era stata lei, secondo il galeotto, ad aiutare il figlio a nascondere la bici rubata a un ragazzo, ad aiutarlo a spendere i soldi sottratti al portafoglio di un vicino, ed era stata sempre lei a litigare col padre che, semplicemente, voleva rimproverarlo per aver copiato un compito sì da venire espulso. Con quell’atteggiamento assecondante, la madre aveva fatto di lui, un normale bambino, un adolescente problematico e, infine, un uomo violento. Senza dilungarci più di tanto, diremo che la missiva in questione si concludeva con una serie di proverbi, massime, ed aforismi che magnificavano il rimprovero e la correzione a scapito della sorda e sterile approvazione ad ogni costo. Immancabile, come da tradizione, l’invito a condividerne il testo col più alto numero possibile di persone.

Tale testo, come detto, è apparso su Attivo.tv e subito è stato oggetto di diversi commenti, la maggior parte dei quali molto commossi. Da lì, poi, è stato normale vederne le parole diventare virali anche sulle bacheche di diversi profili Facebook

Diciamo subito che la lettera in oggetto non è reale. A spiegarne le ragioni è il sito Snopes (e da noi, Bufale.net) che spiega come la missiva sia stata probabilmente il pensiero personale di un utente il quale intendeva calcare la mano sulla responsabilità educativa delle mamme di coloro che, poi, son divenuti criminali. A ben guardare nel sito Gawker – che è solito raccogliere le ultime volontà e parole dei condannati a morte – non vi è alcuna traccia di una riflessione del genere: inoltre, come se non bastasse, il testo in questione non è nemmeno originale visto che già circolava su Facebook nel Dicembre del 2015, in pratica con le stesse parole. Anche in quel caso non vi era la firma ed il nome del condannato a morte, nè l’elenco dei capi d’imputazione che avevano cagionato la sua severissima condanna. Dulcis in fundo, per le donne è proprio il caso di dirlo, il soggetto ritratto nella foto allegata alla lettera NON è un condannato a morte.

Si tratta semplicemente Jeremy Meeks, conosciuto come il “detenuto più bello del mondo”: costui, nel 2013, venne arrestato dalla polizia di Stockton che ne fece una foto segnaletica particolarmente riuscita: l’uomo, dopo aver scontato la sua pena – pari a 27 mesi di prigione – è stato reclutato dall’agenzia White Cross Management ed oggi, di professione, fa effettivamente il modello!

Insomma, metti assieme una foto suggestiva, un testo toccante, un’assenza di particolari che possano essere facilmente oggetto di verifica e quel che ne nasce è solo l’ennesima, ben confezionata, bufala acchiappa-click!

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