Aveva scoperto che il governo di Erdogan forniva armi ed aiuti allo Stato Islamico, ed aveva deciso di rivelare la notizia: per questo il direttore del quotidiano turco Cumhuriyet è stato arrestato, ed il pm ha chiesto per lui una condanna all’ergastolo. Tutto era iniziato lo scorso venerdì, quando il giornalista del noto quotidiano di opposizione al regime aveva deciso di pubblicare delle fotografie riservate, che testimoniavano in maniera incontrovertibile il coinvolgimento della Turchia tra quei Paesi che forniscono aiuti di tipo militare agli jihadisti dello Stato Islamico.
Le armi venivano infatti inviate direttamente in Siria mediante dei camion scortati dai servizi segreti del Mit, ed erano indirizzate proprio ai fanatici religiosi dell’Isis: per questo Can Dundar non se l’era sentita di tacere la questione, ed aveva ritenuto giusto rendere pubblici i loschi affari in cui era coinvolto l’attuale governo turco. Ma a seguito di quel servizio, quello stesso venerdì la procura aveva aperto un’inchiesta sul servizio di Dundar, con l’accusa di divulgazione di segreti di Stato.
Ora, a soli quattro giorni dalle presidenziali, Erdogan ha sporto denuncia nei confronti del direttore del Cumhuriyet per spionaggio. Ma il mondo della stampa è solidale a Can Dundar, il quale ha subito ricevuto l’appoggio del premio Nobel Orhan Pamuk: “La democrazia non può essere sacrificata”. Inoltre diversi giornalisti, intellettuali ed artisti in tutta la Turchia hanno fatto anche di più: hanno deciso di pubblicare la propria foto sulla pagina del quotidiano sulla quale campeggiava la scritta “Il colpevole sono io”.
Un grande atto di solidarietà per dimostrare la propria vicinanza a Can Dundar, proprio ora che gli si prospetta l’eventualità del carcere a vita per aver svelato il legame segreto che unisce la Turchia all’Isis. Lo stesso Erdogan aveva minacciato pubblicamente il giornalista, affermando che avrebbe “pagato a caro prezzo” le sue rivelazioni. Ora però a rischiare è anche lo stesso Premier turco, che potrebbe essere deferito alla Corte Penale Internazionale per crimini di guerra, avendo fornito armi agli jihadisti dell’Isis.