Manchester culla dello jihadismo britannico dagli anni ’90

Dagli anni '90 la città è base logistica per i terroristi: prima al Qaeda, poi Isis. Il 15% della popolazione è musulmana, l'integrazione è in stallo, le comunità sono estremamente chiuse ed arroccate nei propri precetti.

Manchester culla dello jihadismo britannico dagli anni ’90

Manchester, dopo le bombe dell’IRA, deve fronteggiare il radicalismo islamico. Il problema cardine risiede nella mancata integrazione della comunità musulmana: un giovane che si connette con la jihad intende far riferimento ad un gruppo, al Qaeda o Isis poco importa. Al Qaeda è stata la prima ha insinuarsi nella città inglese, con l’ascesa dell’Isis molti hanno percepito tale richiamo come confacente al proprio desiderio di inclusione.

Un rapporto della Ong Cage riporta che dei circa 800 foreign fighter britannici partiti per la Siria o l’Iraq dal 2014, molti sono salpati da Manchester. Un caso famoso è quello delle due gemelle di 16 anni che hanno raggiunto la Siria nel 2014 per sposare i soldati del Califfo: il loro fratello maggiore un anno prima era entrato a far parte di Daesh, le sorelle lo avevano seguito. L’intento era quello di reclutare l’intera famiglia. Nel 2016, sui siti di tutto il mondo, è apparsa l’inquietante notizia di un fioraio divenuto bersaglio ideale su “Rumiyah”, la rivista dello Stato islamico: la foto usata per l’articolo, nel quale si invitavano i terroristi a disseminare “il sangue del venditore di fiori”, era stata scattata a Manchester.

Nel novembre 2009 Abid Nasser, uno studente pachistano, è stato condannato a 40 anni per avere pianificato un attentato similare a quello dell’Ira del 1996 al Manchester Arndale Centre: il 28enne, era a capo della cellula di al Qaeda cittadina e programmava la strage con numerosi complici. Darren Glennon, 49 anni, convertitosi con il nome di Abdid Alì, è stato arrestato pochi giorni prima del massacro all’Arena per aver prodotto alcuni video in cui spiegava dettagliatamente come “uccidere gli infedeli”. Jamal al-Harith, deceduto all’inizio di quest’anno in un’azione kamikaze dell’Isis a Mosul, era di Manchester: il suo vero nome era Ronald Fiddler, si era convertito  all’Islam ed era stato a Guantanamo.

Il 15% della popolazione è di religione islamica e in alcune zone come LongsightWhalley Range, Levenshulme e Fallowfield risulta la prevalente: le comunità musulmane non sono assolutamente integrate, sono spesso nuclei chiusi e isolati, che perpetuano, come in patria, i loro precetti.

La richiesta di manodopera a basso costo ha fatto convergere a Manchester molti immigrati: a due generazioni di distanza, la comunità pachistana è la più numerosa. Ci sono circa 60 moschee in città e i giovani vengono educati con i precetti di Maometto. Quando nelle città europee il terrorismo non era ancora tangibile, a Manchester si iniziavano a vedere le prime avvisaglie di quella che sarebbe divenuta al Qaeda.

La rivista “Limes” dice che “i primi arresti legati al jihadismo sono stati effettuati già nel 1995. Nella warehouse city erano attivi alcuni membri della Algerian connection che controllava la moschea di Finnsbury Park, uno dei più importanti centri del radicalismo islamico europeo. In città era un ospite affezionato anche il capo degli attentatori di Londra 2005, Mohammed Siddiq Khan, così come alcuni membri della ormai repressa organizzazione al-Muhajiroun”.

Nel 2000 a Manchester fu trovato il “Manuale di al Qaeda”, un file con i primi precetti per il buon jihadista: il documento era presente nel computer di Abu Anas al-Libi, un noto terrorista di origini libiche, le stesse del kamikaze dell’Arena. Dopo arresti, indagini, piani sventati prima della tragedia, il terrorismo è riuscito a compiere il suo atroce misfatto, colpire le nuove generazioni.

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