La crisi colpisce anche l’Isis: "Lo Stato Islamico ha perso il 30% dei profitti in un anno"

L'Isis è ufficialmente in crisi. Recenti stime hanno appurato che lo Stato Islamico è entrato in una forte crisi economica a causa della diminuzione della produzione di petrolio: "Hanno perso il 30% del fatturato".

La crisi colpisce anche l’Isis: "Lo Stato Islamico ha perso il 30% dei profitti in un anno"

La crisi globale colpisce anche l’Isis. Da quando il sedicente Stato Isamico è salito alla ribalta delle cronache internazionali, autoproclamandosi “capitale dell’Islam” nel mondo, tutti i Paesi occidentali si sono trovati concordi nell’affermare che non avrebbero mai riconosciuto tale organizzazione criminale come uno stato, nemmeno de facto.

Eppure quella specifica classificazione porta con sé oneri e doveri, non soltanto privilegi; come ad esempio, il dover fare i conti con il PIL. Perché per quanto l’Isis non possa contare su uno Stato vero e proprio, se non per totale spirito di autoproclamazione, d’altra parte è vero che gli jihadisti dovranno pur mangiare e ricevere soldi in qualche modo.

Ed il “lavoro” di boia e terrorista, un tempo piuttosto redditizio, ora ha iniziato a diventare decisamente meno accattivante nelle zone dell’Iraq e della Siria. Gli analisti hanno dato la colpa in primis alla carenza di greggio, spiegando che la perdita di territori dotati di grandi risorse naturali, nonché delle infrastrutture necessarie alla loro estrazione, ha di fatto comportato un duro colpo per l’Isis.

A metà 2015 il reddito medio mensile dell’Isis era di circa ottanta milioni di dollari – ha spiegato il ricercatore capo dell’Ihs Ludovico CarlinoNel marzo 2016 il reddito medio mensile è crollato a 56 milioni di dollari“. Un collasso del 30% che ha impoverito in maniera significativa i terroristi, generando forti ripercussioni in tutti i settori.

Il fattore principale che ha determinato la crisi economica dell’Isis è stato per l’appunto la perdita delle strutture deputate all’estrazione del greggio, poiché la produzione di petrolio nelle aree sotto il controllo degli jihadisti è precipitata da 33.000 barili al giorno a poco più di 21.000.

I costanti raid di USA e Russia hanno dunque colpito duro, se non direttamente i capi dello Stato Islamico quantomeno l’economia dei terroristi, il cui sistema sarebbe ora sull’orlo del collasso. Tuttavia lo stesso Carlino ha predicato cautela, poiché se è vero che le infrastrutture danneggiate non producono nulla, è parimenti vero che l’Isis avrebbe al contempo tutto il necessario per ripararle.

Tenere i terroristi lontani dal petrolio sarebbe una vittoria di proporzioni straordinarie per gli Alleati, poiché stando ai dati rilasciati dall’Ihs, il 43% dei profitti totali dello Stato Islamico derivano proprio dal greggio. Significativa è stata anche la perdita del 22% dei territori sotto il controllo degli jihadisti negli ultimi mesi, poiché i “contribuenti” sono così passati da 9 milioni di persone a circa 6 milioni.

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