Aumenta sempre di più il numero dei bambini usati come kamikaze

Dal 2014 il numero dei bambini utilizzati per gli attacchi suicidi ha conosciuto una crescita esponenziale. La denuncia arriva grazie ad un rapporto pubblicato ieri dall’Unicef

Aumenta sempre di più il numero dei bambini usati come kamikaze

È dal 2014 che l’utilizzo di bambini kamikaze aumenta con ritmo a dir poco incessante. A livello globale i paesi maggiormente afflitti da questa triste pratica si trovano in Africa, e nello specifico in Nigeria, Ciad, Niger e Camerun.

È questa la conclusione che è possibile trarre leggendo il rapporto pubblicato ieri dall’Unicef. Il documento in questione è stato intitolato “Silent Shame: Bringing out the voices of children caught in the Lake Chad crisis”.

Nel dossier, il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia sottolinea un dato alquanto sconfortante: dal 2014 in questi quattro paesi sono stati utilizzati 117 bambini come kamikaze. Nella maggior parte degli attacchi sono state utilizzate delle ragazze. Non è quindi un caso che i ragazzi, ma soprattutto le ragazze vengano visti con timore in prossimità dei mercati o dei checkpoint. La ragione è alquanto angosciante: spesso vengono incaricati di trasportare esplosivi che li trasformano in vere e proprie bombe umane.

Marie-Pierre Poirier, direttore regionale Unicef per l’Africa Centrale e Occidentale, ha condannato quella che è una pratica barbara aggiungendo però che “nei primi tre mesi di quest’anno, il numero di bambini utilizzati in attacchi con bombe equivale quasi al numero complessivo dello scorso anno, questo è l’utilizzo peggiore possibile di bambini in un conflitto”. In altre parole quello a cui assistiamo è una preoccupante escalation di una drammatica tragedia senza alcun senso. “Questi bambini sono vittime, non colpevoli. Costringerli o raggirarli per utilizzarli in questo modo è riprovevole”.

Il rapporto cita anche i racconti preoccupanti di alcuni bambini cresciuti in cattività per mano di Boko Haram, organizzazione terroristica nigeriana affiliata all’Isis. Tali bambini vengono guardati con particolare sospetto nel momento in cui tornano nelle proprie comunità di origine.

Considerando il contesto sociale in cui vivono questi bambini, l’Unicef ha più volte chiesto di porre fine alla gravi e sconcertanti violazioni perpetrate da Boko Haram. Il reclutamento in conflitti militari o il loro sfruttamento al fine degli attacchi suicidi è una pratica immorale oltre che illegale.

Nel solo 2016 l’Unicef è stata in grado di fornire supporto psicosociale ad oltre 312mila bambini del Niger, Camerun, Ciad e Nigeria, contribuendo a ricongiungerne circa 800 con le proprie famiglie. Ma per chi vive in quelle zone disagiate ancora molto rimane da fare per garantire le adeguate cure e protezioni.

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