Thyssen: si riapre il processo. Escluso l’omicidio volontario

Dopo le sentenze emanate dal secondo grado di giudizio inerenti al rogo avvenuto all’acciaieria torinese della Thyssen, si è giunti in cassazione e il giudizio finale crea sconforto tra i familiari delle vittime

Thyssen: si riapre il processo. Escluso l’omicidio volontario

Nel dicembre 2007 si è consumata una delle più gravi tragedie nazionali. Un incendio causò la morte di sette operai dell’acciaieria torinese Thyssen. Il processo che ne era conseguito aveva portato alla condanna a 10 anni di reclusione per l’ex amministratore delegato Harald Espenhahn ed altre condanne minori ad altri responsabili a vario titolo della fabbrica piemontese, tra i quali l’allora responsabile della sicurezza Cosimo Cafueri, punito con 8 anni di reclusione.

In questi anni i giudici avevano dato pene esemplari e coraggiose, fino all’accusa maggiore di omicidio volontario avanzata dal giudice Guariniello; la sentenza uscita dopo ore in camera di consiglio confermava la responsabilità dei dirigenti, ma ora il reato contestato loro è stato di omicidio colposo. La sentenza lascia l’amaro in bocca ad una città che non riavrà quei sette operai, in quanto la sentenza che si era avuta in primo grado era ben vista da tutti perché per la prima volta si riconosceva agli imputati l’accusa di omicidio volontario a persone decedute sul lavoro causa infortunio.

Questa sentenza emanata dalla Cassazione aprirà nuovi scenari; ci sarà bisogno di un altro dibattimento, ma va  dunque configurandosi il reato di omicidio colposo. Anche se per i giudici è una colpa avvenuta in modo cosciente, il nuovo processo servirà per ridefinire le sanzioni. Per colpa cosciente si è stabilito che i dirigenti della Thyssen, in virtù dell’imminente chiusura dello stabilimento, si siano “affidati” alla bravura dei dipendenti per far fronte a inconvenienti come incendi o altro, risparmiando sulla sicurezza dell’acciaieria.

Chiaramente un duro colpo per i familiari delle vittime, che si aspettavano un verdetto diverso; di contro un punto a favore della difesa sostenuta magistralmente dall’avvocato Franco Coppi. L’avvocato sosteneva che le pene sentenziate erano state emanate in modo molto afflittivo, attaccabili in vari punti. Tra le motivazioni avanzate dal Coppi c’era anche quella di decidere la ripartizione delle responsabilità inerenti la sicurezza.

I familiari dei defunti hanno assistito in silenzio a tutto il processo e la conseguente lettura della sentenza, ma non hanno potuto trattenersi al termine dello stesso evidenziando il proprio dissenso tra pianti e urla. Una madre su tutte, accusa la magistratura di non avere avuto il coraggio di confermare le pene antecedenti e ancor più di evitare di dire la verità su quanto accaduto realmente.

 

 

 

 

 

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