La vignettista di Charlie Hebdo si è salvata perché ha aperto la porta

Corinne Rey, vignettista del giornale satirico Charlie Hebdo, racconta di essersi salvata perché ha aperto la porta con il codice segreto sotto la minaccia delle armi. Altre persone si sono salvate per caso, e tante le testimonianze di chi ha assistito

La vignettista di Charlie Hebdo si è salvata perché ha aperto la porta

Il terribile racconto della vignettista di Charlie Hebdo, Corinne Rey, fa rabbrividire e la donna, conosciuta come “Coco”, è sopravvissuta al massacro perché è stata lei ad aprire la porta della redazione.

Ecco una parte del suo racconto: Superato l’ingresso hanno sparato a Wolinski poi a Cabu. Erano seduti uno accanto all’altro. Tutto è durato cinque minuti, forse anche meno. Una pioggia di colpi. Io sono riuscita a ripararmi sotto una scrivania e non si sono accorti che ero lì. Parlavano un ottimo francese, urlavano e sostenevano di essere di Al Qaeda. Ero andata dalla mia bambina all’asilo. Quando sono arrivata davanti alla porta del palazzo del giornale, due uomini incappucciati e armati mi si sono avvicinati con i kalashnikov il passamontagna calato sul viso e mi hanno spinto per digitare il codice che apre la porta. Di corsa sono saliti diretti verso l’ufficio. Poi gli spari”.

Corinne racconta che gli assassini gridavano: “Dov’è Charlie Hebdo? Dov’è Charlie Hebdo?”, e subito dopo essere saliti al piano superiore è iniziata  la carneficina. Anche quando stavano per salire in macchina per fuggire gli assalitori gridavano “Allah è grande”, e a testimoniarlo vi sono le immagini girate dal giornalista Martin Boudot.

Anche un’altra disegnatrice, Catherine Meurisse, è sopravvissuta al massacro perché è arrivata in ritardo alla riunione prevista in redazione che era in corso al momento dell’attacco. Anche Yve Cresson, produttore di audiovisivi che ha l’ufficio accanto a quello della redazione, aggiunge: “Intorno alle 11,25 i due assalitori sono entrati nel palazzo sbagliato. Hanno approfittato della postina che entrava nell’immobile ma poi sono subito riusciti. Devono essersi accorti di non essere entrati nel palazzo che era il loro obiettivo. Con la stessa velocità si sono diretti verso il portone giusto”.

Laure Manent, una giornalista di France 24, che era nei pressi di rue Nicols Appert al momento della sparatoria, ha dichiarato di aver creduto che fosse un gioco tra adolescenti, ma quando è scoppiato il dramma ha capito che non si scherzava. Tante le testimonianze, sia prima della sparatoria che dopo, e molti ricordano di aver sentito scandire frasi a voce alta come “Allah è grande” e “Abbiamo vendicato il Profeta”.

Prima dell’attacco i killer avvicinano un uomo, Cédric Le Béchec, a cui dicono che sta per iniziare una strage, e aggiungono in perfetto francese: “Dì ai media che siamo di Al Qaeda, in Yemen”. Così fanno scendere l’uomo e gli rubano la vettura. I residenti nei palazzi vicini hanno ripreso le scene con il telefonino ma dicono di essersi abbassati dietro un muretto di una terrazza per paura che i colpi arrivassero in alto.

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