Il vescovo Claudio Cipolla: "Mi vergogno e chiedo scusa"

Con una lettera ai fedeli, don Claudio Cipolla, vescovo di Padova, chiede scusa per lo scandalo dei presbiteri a luci rosse: “È una ferita dolorosa per la Chiesa, e la società padovana".

Il vescovo Claudio Cipolla: "Mi vergogno e chiedo scusa"

Il vescovo Claudio Cipolla, che in questi giorni sta visitando le missioni diocesane in Ecuador e Brasile, segue con attenzione e apprensione ciò che riguarda don Contin, e almeno un altro sacerdote, avvenimenti che stanno scalfendo l’immagine della diocesi di Padova. Si rende vicino a tutti i fedeli con una lettera. 

Queste, le prime battute accorate del Vescovo patavino: “Sento il bisogno di farmi presente in questo momento di sofferenza della nostra Diocesi, sofferenza per me, per i preti, i diaconi, le persone consacrate, ma anche per tutte le nostre comunità”. Il Vescovo Cipolla continua riconoscendo che le vicende delle ultime settimane hanno messo alla prova, confuso, scandalizzato, la fede di molti. E non è questa la prima volta.

In questi momenti, va ricordato che ogni cristiano, ogni credente, è un uomo, che la fragilità umana fa parte del suo essere creatura e che – per questo – l’alleanza con il Signore, la comunione con lui e con la comunità, vanno rinnovate ogni giorno. La fede va raccontata con impegno a favore del bene, con purezza, con onestà, e con tutte le altre virtù umane, e queste vicende non devono portare a pensare che ogni impegno nella Chiesa, per gli altri, sia inutile. Invita, poi, i fedeli e i sacerdoti a continuare a camminare insieme, verso il bene, nella strada indicata dal Vangelo, al di là di ogni avversità! 

Dopo questi avvenimenti, il Vescovo don Claudio, dice di sentire urgente e necessaria la crescita nella fede. La chiamata a costruire la propria vita su Gesù e il suo Vangelo, roccia, unica e sicura, si fa più forte ora che “i miei compagni, quelli su cui contavo, tradiscono l’impegno preso insieme”. La storia ha conosciuto altre situazioni gravi. L’unica cosa di cui si è certi è che Dio non abbandona i suoi figli: Egli sarà sempre fedele.

Il Vescovo sente di dover cercare per sé, per gli altri sacerdoti, e per i diaconi, la forza spirituale da infondere anche ai fedeli. In questo momento – continua don Claudio – tutto ciò che si deve fare è “inginocchiarci insieme e invocare aiuto e misericordia dal Signore”, perché nessuno è immune, esiste il pericolo di essere servo del male anziché del bene.

A tutti chiede una preghiera per la Chiesa, e per chi la compone: vescovo, presbiteri e laici, nei laici le famiglie, perché il Signore soccorra l’intera comunità cristiana, e doni la sua pace.

Mentre i giornali e i mass media cercavano audience, la Chiesa di Padova ha “guadagnato solamente la commiserazione di molti, l’ironia e la beffa di molti altri”: allo stesso tempo, molte persone, vescovi, sacerdoti e fedeli, hanno espresso vicinanza e preghiera, balsamo per chi soffre.

Il Vescovo non nasconde di provare vergogna, e chiede perdono per quei sacerdoti che – con le loro scelte – hanno reso meno credibile quanto i sacerdoti stessi insegnano. Assicura poi che – per i comportamenti non adeguati alla chiamata al sacerdozio -verranno presi dei provvedimenti disciplinari, perché i fraintendimenti non sono accettabili.

Il Vescovo Cipolla ricorda, forse per alleviare la sofferenza, che la Chiesa di Padova brilla per storie di persone sante, sia nel passato che ai nostri giorni, e per questo non ha il merito di essere ridotta agli errori e peccati commessi in questa recente storia da alcuni dei suoi figli. Arrivato a Padova da poco, don Claudio, confessa “di fronte alla mia Chiesa patavina so di dovermi togliere i calzari…perché è terra santa!”. Sono molti i preti e i diaconi vissuti nella coerenza, nell’umiltà e nella fedeltà, molti uomini e donne vivono anche oggi nella discrezione, senza che i riflettori li mettano in luce, sia a Padova, in Italia, sia all’estero… Padova è una terra santa!, ripete. Qui vive il Signore!, insiste.

L’ultima cosa, che – nella lettera – il Vescovo chiede, è il rispetto, in questo momento di sofferenza, proprio per il bene che ha compiuto, per il quale in tutti gli ambiti si è spesa.

Chiude la lettera chiedendo “onestà e coerenza, soprattutto al nostro interno”. Questo, la Chiesa insegna, perché in questo crede e cerca di vivere, da sempre, con tutte le sue forze. “Sia benedetto quindi anche chi ci aiuta a togliere il male anche quando si infiltra così prepotentemente tra noi“.

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