Danimarca, Isis: ecco il piano per reinserire ex jihadisti in società

La Danimarca si è fatta promotrice di un nuovo piano per contrastare la propaganda dell'Isis, e de-radicalizzare i giovani convertiti alla causa dell'odio e del fondamentalismo islamico promosso dal Califfato

Danimarca, Isis: ecco il piano per reinserire ex jihadisti in società

Da qualche tempo la Danimarca sta provando ad adottare un nuovo modo di combattere la propaganda dell’Isis, consistente nell’agevolare il rientro nella società occidentale degli ex membri delle milizie fondamentaliste islamiche. Stando alle stime fornite dall’intelligence danese, infatti, sarebbero circa 300 gli svedesi impegnati a combattere per lo Stato Islamico in Siria ed in Iraq, ai quali andrebbero poi aggiunti circa 100 danesi e 70 norvegesi. Una situazione di grande emergenza, alla quale la Danimarca intende far fronte mediante un piano che miri a contrastare il lavaggio del cervello promosso dall’Isis, la cui propaganda attecchisce straordinariamente bene sulle menti degli adolescenti pieni di dubbi, e circondati dalla visione di un futuro che appare incerto e talvolta desolante (ma non solo su di loro). Forti analogie con questo genere di vicende possono essere riscontrate, ad esempio, con il drammatico fenomeno della cosiddetta gioventù hitleriana ai tempi del nazismo in Germania.

La Danimarca, ben conscia di queste dinamiche, sta quindi facendosi pioniera di un nuovo metodo per “curare il morbo dell’odio e del fanatismo religioso“, forte anche del fatto di essere il secondo Paese europeo per numero di foreign fighters forniti all’Isis dopo il Belgio, in rapporto percentuale rispetto alla popolazione totale. Il progetto, che ha preso il nome di Modello Aarhus, punta a de-radicalizzare i terroristi ed i potenziali tali, incrementando il legame di fiducia tra le autorità del Paese e gli stessi circoli sociali che si fanno promotori di ideologie di matrice fondamentalista e reazionaria. Lo stesso commissario di polizia Jørgen Ilum, che ha contribuito attivamente alla realizzazione del programma, ha dichiarato che gli attacchi di Copenhagen sono un campanello d’allarme che rendono evidente l’importanza di rintracciare, e mantenere i contatti con, i foreign fighters scandinavi impegnati in Iraq, Siria e Somalia.

Lo stesso Jørgen Ilum ha affermato che “è troppo presto per dire quali saranno le conseguenze, politiche o di altra natura, che gli attacchi di Copenhagen avranno sul nostro programma. Ma per ciò che abbiamo visto finora, funziona”. Il Modello Aarhus prevede l’affidamento degli ex jihadisti desiderosi di tornare in società a dei mentori specializzati, incaricati di valutarne i progressi, e prevede un percorso nel quale l’ex fondamentalista riceve anche supporto psicologico. Una parte controversa del programma consiste anche nel mantenere i contatti con la moschea di Grimhojvej operativa ad Aarhus, la seconda città più popolosa della Danimarca dopo Copenhagen (nonché la città che dà il nome al progetto), nota per le sue opere di propaganda a favore dell’Isis, nonché canale aperto con contatti diretti con i fondamentalisti islamici militanti.

Magnus Ranstorp, esperto svedese di terrorismo ed anti-terrorismo, nonché direttore di diversi programmi europei mirati a contrastare l’insorgere di minacce terroristiche, e coordinatore dell’EU’s Radicalisation Awareness Network (un’organizzazione di circa 1.300 esperti quotidianamente impegnati a contrastare ogni forma di estremismo politico e religioso), ha dichiarato a proposito di questo programma che “il modo migliore per immunizzare i ragazzi contro i pericoli delle droghe, è quello di mettere un ex tossicodipendente davanti alla classe”.

La Scandinavia è molto attiva nei confronti di queste problematiche, ed i modelli all’avanguardia adottati in particolare dalla Danimarca rappresentano il top dell’eccellenza in Europa in relazione al contrasto della propaganda ideologica dell’Isis. Ranstorp ricorda che anche la Norvegia sta contribuendo fortemente alla “lotta intelligente al fanatismo”, proponendo l’esempio dei 5.000 musulmani impegnati in una grande manifestazione per le strade del Paese che ha avuto luogo l’estate scorsa, ed ha visto nel corteo anche la presenza del Primo Ministro norvegese.

Slogan come “Non nel nome dell’Islam” e “Insieme contro il terrore, insieme per la pace” rappresentano, secondo Ranstorp, lo standard di riferimento al quale attenersi per la lotta al fondamentalismo religioso. Un morbo da combattersi non tanto nella sua forma sviluppata ed incancrenita con le bombe ed i fucili, ma prima ancora nella sua forma embrionale, debellandolo dalle menti stesse dei ragazzi. Per liberarle dalla fatale suggestione che il terrorismo, ed il fanatismo religioso, possano rappresentare in qualche modo una risposta plausibile ai problemi del mondo.

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