Compagna del pedofilo tenta suicidio in carcere: salvata all’ultimo

Marianna Fabozzi, compagna del pedofilo nonché presunto killer della piccola Fortuna, ha tentato di suicidarsi nel carcere di Pozzuoli usando un lenzuolo. La detenuta è stata salvata in extremis.

Compagna del pedofilo tenta suicidio in carcere: salvata all’ultimo

Marianna Fabozzi, compagna di Raimondo Caputo, il pedofilo accusato dell’omicidio di Fortuna Loffredo, ha tentato il suicidio in carcere. La donna ha provato a togliersi la vita subito dopo il suo ritorno nel carcere di Pozzuoli, in seguito alla seconda seduta dell’incidente probatorio svoltasi ieri in tribunale.

Durante la seduta, una delle tre figlie della compagna di Caputo (pedofilo già arrestato nel 2015 per il reato di violenza sessuale ai danni di minore) ha rilasciato la sua deposizione in una stanza protetta, al cospetto della psicologa (mentre dalla stanza accanto assistevano il Gip e gli imputati, con relativi consulenti e legali).

La bambina ha confermano gli abusi sessuali subiti, tuttavia ha tentato di coprire la madre, affermando che in quel terribile giorno lei non fosse lì. Nonostante questo però, l’accusa sostiene che la Fabozzi fosse a conoscenza degli abusi subiti dalle sue tre figlie, così come dell’omicidio di Fortuna Loffredo, riguardo al quale avrebbe taciuto per coprire il compagno pedofilo.

Del tentativo di suicidio, effettuato sfruttando un lenzuolo utilizzato come cappio, ha parlato l’avvocato Pisani, legale della famiglia Loffredo: “Ci possono essere tre cause: un gesto di autolesionismo, a seguito delle denunce delle figlie. Oppure sa che stiamo arrivando alla verità, e ha paura che il compagno ceda“.

C’è poi la terza causa – ha continuato Pisanivuole confondere ancora di più le acque, e giocarsi la carta dell’incapacità di intendere e di volere. In tutti i casi, abbiamo il dovere di andare avanti e non fermarci a Caputo e alla sua compagna“. Perché gli inquirenti sospettano che in realtà Caivano sia un fertile covo di pedofili, e che Raimondo e Marianna siano solamente la punta dell’iceberg.

L’ipotesi è infatti che in quel piccolo paesino della provincia di Napoli, ignorato dai più, agisca una vera e propria organizzazione dedita alla pedofilia i cui membri si coprano l’un l’altro; e che l’omicidio di Fortuna abbia avuto l’effetto di stappare un orribile vaso di Pandora. Uno scenario agghiacciante nel quale ben pochi, a Caivano, sembrano oggi potersi definire pienamente innocenti.

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