Un medico è stato aggredito da una decina di uomini la sera di Capodanno, nei locali del pronto soccorso dell’ospedale Vittorio Emanuele di Catania, perché aveva rifiutato di svelare ad uno di loro il nome e l’indirizzo di una ragazza, che era stata ricoverata in quello stesso ospedale, rea di aver graffiato involontariamente l’auto di un uomo del clan.
È stata una vera e propria spedizione punitiva quella effettuata dal clan di malavitosi, che hanno aggredito e picchiato il medico ospedaliero che gli ha tenuto testa, rifiutandosi di rivelare i dati di una ragazza, ricoverata nell’ospedale per dei traumi riportati durante un incidente avvenuto in motorino, e che aveva causato il danneggiamento dell’auto di proprietà di uno di quei malavitosi.
Uomini avvezzi al crimine e invisi alla legalità, a tal punto da mostrarsi a volto scoperto alle telecamere di sorveglianza poste in vari locali dell’ospedale e, grazie alle quali, è stato possibile ricostruire i fatti, e risalire ai responsabili. Ma ecco l’inaspettato. Infatti, i maestri del crimine ci insegnano che, dopo l’identificazione del colpevole, la legge impone che segua l’arresto del medesimo.
Cosa non valida evidentemente per il caso in questione, infatti – all’agguato – è seguito il suggerimento da parte delle forze dell’ordine locali di lasciare la città per sicurezza. Il medico è, ora, terrorizzato, e fa sapere di aver dovuto “fuggire via da Catania con moglie e figli”.
Il medico e la sua famiglia hanno, quindi, dovuto trasferirsi nel giro di poche ore in una località lontana dalla Sicilia, dove nessuno li conosce, e dove nessuno, si spera, li potrà mai trovare. Hanno dovuto dire addio alle loro vite, ai loro lavori, alle amicizie, alle abitudini di una vita, per aver solamente fatto il proprio dovere, di persone, di bravi ed onesti cittadini, prima ancora che di ligi medici. Rosario Puleo è il nome di questo bravo medico, che merita pienamente la stima ed il rispetto di tutti noi italiani.