Tempi duri, in fatto di privacy per le grandi piattaforme sociali del web. Nei giorni scorsi la Corte europea, ribaltando un parere della Commissione UE, ha ritenuto che trasferire negli USA i dati degli iscritti europei a Facebook non sarebbe sicuro visto il facile accesso a questi ultimi che, negli Stati Uniti, sarebbe concesso alle locali autorità d’indagine.
Questa volta, invece, tocca a Twitter avere problemi con la riservatezza. Il quotidiano online a stelle e strisce “The Hollywood Reporter” racconta del fatto che alcuni utenti avrebbero presentato istanza per una class action, azione legale di massa, contro la piattaforma del canarino azzurro.
Motivazione? Aver monitorato i messaggi privati scambiati tra i Twitters ed i loro followers. Nello specifico si è notato che, quando – all’interno dei nostri messaggi privati – includiamo dei link, questi ultimi vengono accorciati (e sin qui niente di male se lo si fa per migliorarne la lettura) con short url tracciati per finalità pubblicitarie che nulla hanno a che fare con ciò che serve per consentire un corretto istradamento dei messaggi privati!
La cosa si è notata, per esempio, inserendo – in un messaggio personale – l’url del New York Times (www.nytimes.com) che veniva indebitamente accorciato (https://t.co/CL2SKBxr1s) e costantemente analizzato, statisticamente, grazie ad un algoritmo automatico della piattaforma Twitter.
Interpellato sul caso, il board di Twitter ha negato l’addebito in modo categorico ma, tant’è, la class action va avanti ed è già stato quantificato l’ammontare che Twitter dovrebbe corrispondere per ogni giorno di violazione della privacy, tanto di chi inviava i messaggi, quanto di chi li riceveva: 100 dollari.
Facciamo i dovuti conti, le debite proporzioni in rapporto ai tanti messaggi che i followers si scambiano, teniamo anche conto che, ormai, non c’è più il limite privato dei 140 caratteri e, quindi, ci si dicono più cose…beh…se condannata, Twitter, potrebbe NON cavarsela affatto a buon mercato.