Dopo la prima, nefasta, trimestrale del 2022, che ha fatto conoscere ai piani alti di Netflix il primo calo di utenti nella storia della piattaforma di streaming intrattenitivo, con 900mila abbonati in meno, ci si attendeva un calo ancor più grande – stimato in meno 2 milioni di abbonati – per il secondo trimestre: le cose sono andate, però, meglio di quel che si credeva, con addirittura le prospettiva di una svolta in positivo nei prossimi mesi.
Nel contempo, la grande N californiana ha fornito anche i primi dettagli sul suo piano d’abbonamento low cost sostenuto dalla pubblicità (in corso di progettazione grazie alla collaborazione di Microsoft).
Nel corso di una videochiamata con gli investitori, poi messa a disposizione della stampa su YouTube, il co-CEO di Netflix. Ted Sarandos e il responsabile finanziario, Spencer Neumann, hanno spiegato che, nel secondo trimestre del 2022, conclusosi ufficialmente il 30 Giugno scorso, gli abbonati in meno sono stati “solo” 970.000: nel prossimo trimestre, le stime interne aziendali caldeggiano un incremento di un milione di abbonati, che andrebbero ad aggiungersi agli attuali 220,67 milioni.
In termini finanziari, Netflix, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, ha fatto registrare un aumento delle entrate del 9%, all’insegna di una crescita dichiarata come frenata dalla forte concorrenza, dal contesto di crisi macroeconomica e geopolitica, e dall’abuso nella pratica di condivisione delle password e degli account (contro cui l’azienda ha intrapreso un nuovo test, in altri 5 paesi del Sud America).
L’occasione della videoconferenza di Netflix si è rivelata propizia anche per le prime rivelazioni in merito al piano d’abbonamento supportato dalla pubblicità, che l’azienda vorrebbe lanciare agli inizi del 2023: nello specifico, allo stato attuale, Netflix sarebbe in grado di aggiungere nell’abbonamento la maggior parte del suo palinsesto di film e serie TV, visto che dovrebbe togliere solo pochi contenuti, per i quali comunque si sta discutendo con gli studios per poterli includere senza dover negoziare eventuali diritti aggiuntivi di trasmissione anche con la pubblicità (con conseguente aggravio finanziario per l’azienda).