In piena estate, complice il bel tempo e le vacanze in corso, vi è stato un avvenimento tutto nazionale, inerente la Grande Rete, che è passato inaspettatamente e ingiustamente inosservato (visto che coinvolge tutti noi): il varo della “Dichiarazione dei diritti in internet”.
L’idea, venuta a un gruppo di italiani riuniti nella Casa Italia di Tunisi, venne poi presentata al World Summit on Information Society promosso dall’Onu: in quell’occasione si sostenne, davanti a una platea di associazioni, istituzioni, operatori delle telecomunicazioni, che non poteva esservi sviluppo democratico senza che fosse garantito un eguale e corretto accesso alla rete ovunque.
Da allora ne è corsa di acqua sotto i ponti e molti big del settore internet (da Google a Facebook) si sono impegnati nel portare la connessione ovunque sia possibile, anche nei villaggi più sperduti, anche con supporti di fortuna, quasi “da campo”.
Tutto molto bello se non fosse che, accanto all’accesso alla Rete, va garantito anche un corretto uso della medesima ed è qui che si pone la “Dichiarazione dei Diritti in internet” presentata, il 28 Luglio, nella Sala del Mappamondo di Montecitorio (alla presenza della Speaker della Camera, On. Laura Boldrini).
La “Charta” in questione propone di coltivare i diritti della persona (rispetto della libertà, eguaglianza, diversità, dignità) e per questo le istituzioni devono attivarsi in vari modi, sia sul piano formativo (per favorire un utilizzo consapevole della grande rete), sia sul piano infrastrutturale (aumentando la copertura di internet e curando anche la larghezza di banda necessaria).
Le piattaforme web, poi, devono essere chiare nelle condizioni contrattuali (che non possono esser modificate arbitrariamente), specie per quel che riguarda la raccolta dei dati personali…raccolta per la quale va prestato un consenso che, poi, può anche essere revocato. L’accesso alle piattaforme in questione, siano esse di servizi o di informazioni, non devono presentare difficoltà, né restrizioni, né discriminazioni.
Importante, inoltre, il capitolo sulla privacy con la precisazione che l’anonimato è un diritto per proteggere la propria immagine e per poter esercitare liberamente le proprie facoltà civili e politiche. Tuttavia, tale anonimato non può diventare uno scudo e, in tal senso, le autorità sono autorizzate a revocarlo nel caso sia utile e funzionale ad indagini sui reati.
Da segnalare, infine, a titolo di cronaca, che tale Dichiarazione dei Diritti in Internet è stata, in questi giorni, sottoscritta – per la Francia – anche dall’Assemblea Nazionale Francese (nella persona dell’On. Claude Bartolone) con una particolare attenzione per la tutela della cultura e il tema del copyright.
Nella fattispecie, il capitolo aggiunto alla Magna Charta del web prevede che “venga dato riconoscimento giuridico ai beni comuni della cultura e della conoscenza, come ad esempio la versione digitale di opere nel pubblico dominio o i beni non appropriabili come le idee e i fatti”.
A quanto pare, mala tempora currunt (almeno in Europa) per Google e per gli indicizzatori a scrocco di contenuti altrui.