Facebook: risolto un problema di censura artistica, ecco le polemiche per l’uso pubblicitario dei numeri di telefono

Di nuovo polemiche per il social network di Zuckerberg, che - per fortuna - ha risolto un problema di censura artistica del suo algoritmo anti pornografia: secondo alcuni ricercatori, il social userebbe a scopo pubblicitario i numeri di telefono degli utenti.

Facebook: risolto un problema di censura artistica, ecco le polemiche per l’uso pubblicitario dei numeri di telefono

Ancora problemi per il celebre social network Facebook che, di recente, è stato oggetto di critiche per altre due questioni molto spinose, tra cui la cessione a scopo pubblicitario dei numeri di telefono forniti dai propri utenti per loggarsi con sicurezza al social, e la censura di alcuni nudi artistici dell’arte fiamminga. 

La prima novità incentrata sulle vicende di Facebook non getta certo buona luce sull’azienda di Menlo Park, in particolar modo dopo l’intervista concessa a Forbes dall’ex WhatsApp Brian Acton, il quale ha ammesso di essersi venduto (e piuttosto bene) a Facebook, mettendo così a repentaglio la riservatezza degli utenti della sua amata ex creatura in verde, creata anni fa assieme all’amico Jan Koum (altro fuoriuscito da Facebook). 

Alcuni ricercatori accademici, appartenenti alle celebri Northeastern University e Princeton University, hanno scoperto che Facebook avrebbe ceduto i numeri di telefono forniti dagli utenti, in occasione del procedimento di autenticazione a due fattori (si accede al social dopo aver inserito il codice ricevuto via SMS sul proprio telefono), agli inserzionisti che, a loro volta, se ne sarebbero avvalsi per inviare delle pubblicità mirate (lett. “targeted advertising“). Un’avvisaglia di tale abitudine si era già avuta circa 7 mesi fa, allorquando un utente aveva segnalato come sul numero di cellulare usato per incrementare la sicurezza del suo log-in via 2FA, aveva ricevuto alcuni messaggi di spam, con i quali lo si informava degli ultimi post dei suoi amici, con la conseguenza che, replicando a tali messaggini, le risposte finivano online nel suo profilo.

All’epoca, Alex Stamos – sino ad Agosto responsabile della sicurezza facebookiana – spiegò che il tutto era dovuto a un semplice bug ma, a quanto pare, la realtà era ben altra, tanto che un portavoce di Facebook – nelle scorse ore – ha dovuto ammettere quanto dedotto dalle università di cui sopra, spiegando che il social usa le informazioni caricate dai profili per garantire, anche pubblicitariamente, un’esperienza personalizzata: in ogni caso l’utente – che viene sempre informato della cosa – può gestire e decidere di eliminare tali informazioni. Detto in altri termini, se non vi sta bene potete anche rimuovere il numero di telefono usato per l’autenticazione bifattoriale, peccato che sia solo dal Maggio scorso che tale procedura può essere assolta anche ricorrendo a pennine ad hoc ed app di terze parti (es. Duo Security o Google Authenticator). 

Per fortuna, per un problema che sorge, ve ‘è un altro che si avvia a soluzione. A Luglio, Facebook aveva censurato dei post dell’Ente per il Turismo delle Fiandre, “Visitflanders”, che aveva pubblicizzato le locali bellezze, tra le quali alcuni nudi artistici ritratti dal famoso pittore fiammingo Pieter Paul Rubens: in quel caso, venne richiesto un incontro con Facebook per trovare una soluzione affinché tali quadri non venissero assimilati a pornografia. 

Ebbene, l’incontro in questione vi è stato, e Facebook ha promesso di rendere il suo algoritmo di vigilanza meno bacchettone, allentandone le maglie affinché sia possibile pubblicare opere d’arte che contengano dei nudi: in questo modo, il “Peccato originale” (Adamo ed Eva nel Paradiso terrestre), dipinto dall’artista verso il 1599, potrà essere apprezzato in tutto il mondo, ben oltre i confini del Prado di Madrid ove ora è ospitato. Il social, infine, ha promesso che renderà più semplice la procedura che permette di contestare l’avvenuto blocco dei nudi artistici sulla propria piattaforma. 

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