Facebook continua a lavorare strenuamente per anticipare il varo della sua criptomoneta basata sulla tecnologia blockchain e, allo stesso tempo, non perde occasione per annunciare altre novità, in questo caso relative alle Disaster Maps, e per vantare i propri risultati nel mantenere, come fatto anche da Twitter, al sicuro la propria piattaforma. Ciò nonostante, si continua a parlare dell’abdicazione di “sua maestà” Mark Zuckerberg, e delle pressioni da questi esercitate per ottenere regolamentazioni europee più clementi,
La prima novità facebookiana di questo fine settimana riguarda la creazione di una criptomoneta proprietaria, questione di cui si parla da almeno un anno, da quando a capo di una divisione ad hoc venne messo l’ex creatore di PayPal, David Marcus. Alla scorsa conferenza per sviluppatori, F8 2019, Zuckerberg confermò che una delle prossime aree di business del social sarebbe stata quella di creare un sistema per scambiarsi denaro semplice come il condividersi foto via app.
A quanto pare, il progetto in questione sembra aver accelerato nelle ultime settimane, almeno secondo quanto dichiarato dal Financial Times (e rilanciato dalla BBC): nello specifico, la testata finanziaria in oggetto, citando fonti coinvolte nel progetto Libra, la start-up fondata a Ginevra da Zuckerberg per occuparsi di criptovalute, ha rivelato come il giovane CEO abbia già dato un nome alla criptomoneta da varare, chiamandola GlobalCoin per simboleggiare la sua applicabilità non solo all’interno di WhatsApp, Messenger, etc, per scambiarsi denaro, ma nell’intero web, per completare gli acquisti online (dai principi del 2020, in pressappoco una dozzina di mercati).
GlobalCoin sarà una stablecoin ancorata al dollaro, usabile anche da chi non abbia un conto corrente tradizionale (a questo sarebbero serviti i consigli ottenuti dal Dipartimento del Tesoro americano, da Mark Carney, governatore della Banca d’Inghilterra, e l’avvio di una collaborazione con Western Union), convertibile in moneta sonante con una certa facilità (da qui, i colloqui con le società di trading DRW e Jump con base a Chicago, e con le piattaforme di exchange Coinbase e Gemini, quest’ultima fondata dai gemelli Winklevoss, che accusarono – a suo tempo – Zuckerberg d’avergli rubato l’idea del social quando erano compagni di studi a Stanford).
Qualche giorno fa, openDemocracy ha pubblicato un rapporto stilato dai giornalisti di Investigate Europe, che avevano ricevuto testimonianze dirette in merito, dal quale emergeva come anche Facebook (oltre a Google) avesse esercitato indebite pressioni, forte del proprio peso economico, sul gruppo di esperti nominato da Bruxelles per stilare quelle regole cui i colossi del web dovranno attenersi nel combattere bufale, disinformazione, e notizie false. Il risultato, tradottosi in normative diluite ed annacquate, sarebbe stato definito, nel dossier, “una schifezza totale“.
Ciò nonostante, ed è questa la seconda novità, qualcosa per combattere i comportamenti scorretti su Facebook è stato fatto. Il noto social network, infatti, ha diramato alcuni dati che rendono conto del suo impegno, tra personale umano ed algoritmi d’intelligenza artificiale, nel chiudere account fasulli e nello scovare contenuti non consentiti: nel primo caso, agli 1.2 miliardi di account falsi chiusi negli ultimi 3 mesi del 2018, se ne aggiungono altri 2.19 nel primo trimestre del 2019. Circa i contenuti rimossi (spam, propaganda terroristica, pedopornografia, etc), prima ancora che giungessero le segnalazioni degli utenti, le cose sono andate benissimo (95%) nel caso dei contenuti testuali e di immagini, un po’ meno nel riconoscimento vocale (65%, comunque migliorato del 24% rispetto all’anno prima): di sicuro, andranno intensificati, secondo Zuckerberg stesso, gli impegni nel fronteggiare il bullismo e l’espressione dell’odio online (variabile da cultura a cultura).
Forse, però, ciò non è abbastanza, quanto meno non per tutti. Di recente, a Toronto, si è tenuta la Collision Conference, alla quale ha partecipato anche Alex Stamos, ex responsabile della sicurezza di Facebook. Secondo quanto riporta la CNBC, l’ex colletto bianco di Menlo Park avrebbe giudicato potenzialmente non risolutiva l’idea di uno spezzettamento di Facebook (posto che verrebbe suddiviso in sotto società con gli stessi problemi), e più indicato che Zuckerberg lasci il ruolo di CEO ad un manager, come il presidente di Microsoft, Brad Smith, più ferrato sulla tutela della privacy e sulla sicurezza digitale: in tal modo, Zuckerberg, che già ora si occupa dei prodotti del social, dopo le dimissioni del responsabile degli stessi, Chris Cox, potrebbe concentrarsi sullo sviluppo di questi ultimi, sua vera passione.
Infine, le Disaster Maps. La terza novità riguardante Facebook riguarda le mappe per la calamità naturali, introdotte un paio di anni fa per capire come erano popolate le zone coinvolte dai disastri ambientali, e come si spostava la gente al suo interno, per poter consentire alle organizzazioni umanitarie di inviare tempestivamente i soccorsi, nelle zone più libere e/o in quelle in cui la gente stava dirigendosi. Ebbene, Facebook ha confermato di voler istituire delle mappe similari, in collaborazione con Il Fondo Economico internazionale, l’Unicef, e la Harvard School of Public Health, che offrano un quadro generale sullo stato delle epidemie del momento, in modo da poter evitare, mediante gli operatori del settore, che queste ultime si propaghino.