Facebook: buone notizie per gli Instant Games, test per le passioni comuni, nuove violazioni della privacy

Facebook è sempre la solita, almeno in termini di privacy: i casi Onavo Protect e MyPersonality ne sono l'emblema. Intanto, buone notizie per i creatori degli Instant Games di Messenger, e per chi condivide passioni comuni.

Facebook: buone notizie per gli Instant Games, test per le passioni comuni, nuove violazioni della privacy

Giornata di grandi novità per Facebook, con il social network di Mark Zuckerberg impegnato in diverse novità di stampo applicativo, concretizzatesi in una lieta notizia per gli sviluppatori dei giochi, nell’avvio di un test sulle “passioni comuni”, in alterne fortune per l’app “Onavo Protect”, ed in un nuovo repulisti atto a prevenire ed evitare un nuovo caso Cambridge Analitica.

Partiamo dalle good news. Facebook, in un gruppo dedicato agli sviluppatori dei giochi per la piattaforma “Instant Games”, introdotta per consentire partite tra gli interlocutori in Messenger, ha dichiarato il suo proposito di lavorare “affinché la piattaforma sia ancor più redditizia per i propri partner di sviluppo” e, a tale scopo, ha annunciato che non tratterrà alcuna percentuale in relazione ai giochi istantanei, il cui ricavato quindi andrà quasi tutto agli sviluppatori (al netto del 30% richiesto per gli acquisti in-app da Google). La speranza, neanche tanto recondita in quel di Menlo Park, è che tale mossa spinga ai game developer – nel lungo termine – a rimanere su Instant Games, a svilupparvi i propri giochi, ed a migliorarne la qualità. 

Aumentare il senso della community non è mai abbastanza, specie se si parla di un social network. Facebook, lavorando al concetto di community dagli interessi comuni, ha avviato la sperimentazione di una nuova funzione, etichettata come “cose in comune” che mirerebbe ad evidenziare le cose che si hanno in comune (stessa università, città di residenza, etc) con le persone, non amiche, che lasciano i commenti ai vari post. Ovviamente, l’auspicio è che, ravvisando delle passioni condivise, nascano nuove relazioni digitali (con tanto di parti condivisori). 

Intanto, cattive notizie per gli amanti dell’app Onavo Protect che, acquistata da Facebook nel 2013, si occupa di portare gli utenti su internet criptandone le sessioni di navigazione tramite un Virtual Private Network (VPN), raccogliendone però i dati sulle app più usate sui terminali mobili. Tale app potrà restare sul PlayStore di Google, ma non su quello di iOS, a cagione delle nuove normative di Apple in materia di applicazioni (non si può curiosare su quali app siano installate, a scopo marketing, ed è doveroso palesare quali dati vengano raccolti ed a che scopo). Presa nota della nuova policy, anticipandone la rimozione forzata, dopo aver ribadito le sue ragioni (“Siamo sempre chiari quando le persone scaricano Onavo sulle informazioni che vengono raccolte e come vengono usate”), Facebook ha tolto sua sponte Onavo dall’App Store, segnando – così – una nuova tappa della querelle con Apple in materia di privacy, da quando – erano i tempi dell’affaire Cambridge Analytica – Tim Cook, alla Duke University, ebbe a dire che non regge “la scusa che ottenere il massimo dalla tecnologia vuol dire abbandonare il vostro diritto alla privacy”.

Sempre in tema di privacy un’ultima novità applicativa in ambito Facebook. Il social, che ha ricordato come da Marzo abbia rimosso circa 400 app per sospetti sui relativi sviluppatori o abusi sui dati degli utenti, dopo aver modificato la sua policy per inibire l’accesso ai dati personali a quelle app che non fossero più usate da almeno 3 mesi, ha comunicato di aver bannato, dalla propria struttura, l’app di test “MyPersonality”. Le motivazioni sono che tale app, molto popolare intorno al 2012, avrebbe rifiutato di farsi analizzare dal social, lasciando sospettare che i dati dei suoi utilizzatori potrebbero esser stati condivisi in modo poco trasparente con aziende e ricercatori. Facebook, a seguito di tale rimozione, avviserà (con una notifica) i 4 milioni di utilizzatori dell’app sondaggistica, e – a scopo cautelativo – anche i loro amici, benché – ad ora – non vi siano ancora evidenze che anche i loro dati siano stati messi in pericolo. 

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