Facebook, il più grande social network al mondo, con conti sempre in positivo nonostante i molteplici scandali nei quali è rimasto coinvolto, prova a rispondere a molte delle accuse che, negli ultimi tempi, gli sono state rivolte e, in più, in tandem con le istituzioni italiane, ha varato un programma di digitalizzazione della pubblica amministrazione. Dalla Germania, però, l’antitrust vuole vederci chiaro sulla raccolta dati del social mentre, da oltreoceano, il New York Times sembra aver dichiarato guerra alla piattaforma di Zuckerberg.
Il team di Facebook, avvalendosi di un lungo “papiro” pubblicato nel suo NewsRoom ufficiale, ha citato quelle che sono le tematiche più calde nelle quali è stato chiamato in causa, spiegando come si è comportato in certi casi, e cosa ancora ha intenzione da fare. Sull’argomento disinformazione, ormai accertato che le sue Pagine sono stati usate per orientare l’opinione pubblica in alcune consultazioni elettorali, buoni risultati sono stati ottenuti nello scovare notizie false grazie a consulenti esterni arruolati ad hoc, mentre milioni di account falsi vengono chiusi quotidianamente, anche grazie al continuo miglioramento degli algoritmi proattivi (nei quali si continua a investire).
Anche nell’ambito del controllo dei contenuti pubblicati, onde appurare se rispettino o meno le linee guida del gruppo, molto è stato fatto: combinando intelligenza artificiale, machine learning, ed un team di 30.000 persone, si è giunti al punto di bloccare il 96% delle nudità, il 99% di post attinenti al terrorismo, il 97% di contenuti violenti, prima che vi sia qualcuno a segnalarli. Inoltre, è aumentata la casistica in cui è possibile inviare una segnalazione (ora, è possibile farlo anche qualora si ravvisi un episodio di bullismo a danno di terzi) e le categorie di contenuti “sgraditi” (es. facendo tesoro degli errori commessi nel Myanmar con la minoranza islamica Rohingya).
Il NewsFeed, che nel desktop supporta la visualizzazione anche degli ultimi contenuti pubblicati, ha ridato più controllo agli utenti grazie a nuove opzioni, tra cui quelle per bloccare post contenenti certe parole, silenziare (temporaneamente) alcuni utenti, etc.
Sul campo della privacy, il riferimento è stato ai nuovi, più potenti e fini, strumenti messi a disposizione dell’utente, in particolar modo dopo l’approvazione, in Europa, del GDPR: peccato che molte delle impostazioni introdotte siano di default settate sul valore più permissivo, e che gli utenti non siano al corrente di poter optare per scelte più severe, a proprio vantaggio.
Anche sulla trasparenza è stato fatto molto: proprio di recente, Facebook ha introdotto nuovi strumenti per fornire maggiori informazioni sulle inserzioni pubblicitarie di carattere politico, creando un archivio consultabile online, dal quale dedurre anche chi ha pagato un dato spot, e come esso sia giunto a noi. Peccato che, come ha sottolineato anche l’organizzazione britannica WhoTargetsMe, abbia ristretto (si dice per evitare abusi) l’altrui possibilità di scoprire informazioni preziose sulle campagne politiche.
Intanto, proseguendo con le iniziative “positive”, Facebook ha annunciato l’avvio della Social Academy, in tandem con la pubblica amministrazione italiana: il progetto si esplicherà in una serie di conferenze, workshop, e lezioni nei quali verrà dimostrato come sia possibile adoperare le funzionalità di Facebook (es. per la gestione delle emergenze e degli eventi, o nell’ambito delle smart city con annessi servizi digitali), Messenger, Instagram, e WhatsApp, per consentire un migliore accesso ai servizi ed alle informazioni erogate dalle aziende e dagli enti del servizio pubblico.
Meno buono, però, è apparso il rapporto con le istituzioni tedesche, che già nel 2017 avevano messo sotto indagine Facebook per abuso di posizione dominante. Nei giorni scorsi, il locale antitrust per la tutela del mercato e della concorrenza, il Bundeskartellamt, ha annunciato misure severe contro il social (che farà ricorso) con lo scopo di impedirgli di combinare, per giunta senza chiedere il consenso, le informazioni dei suoi profili con i dati raccolti sui siti terzi grazie ai pulsanti “mi piace” e “condividi”. In particolare, l’ente teutonico ha assicurato che a Menlo Park “non sarà più permesso forzare i propri utenti ad accettare una raccolta praticamente illimitata di dati, e combinare i dati presi da altre fonti con quelli dei loro account“.
Un bordata non da poco, infine, è arrivata anche dal prestigioso New York Times che, in occasione dei primi 15 anni di vita di Facebook, ha condiviso un video ironico nel quale ha elencato tutti gli scandali, per i quali Zuckerberg si è continuamente scusato, che avrebbero contribuito a trasformare il pianeta in un ambiente più divisivo e incattivito, augurando agli utenti – per i prossimi 15 anni di frequentazione social – altri scandali sulla privacy, interferenze elettorali, discorsi d’odio, revenge porn, e molto altro.