Messi da parte gli ottimi risultati economici dello scorso 2018, è già tempo – per Facebook – di pensare al futuro, con le iniziative da schierare in vista delle prossime elezioni europee di Maggio, ben tenendo conto che vi saranno importanti defezioni nella lotta per il fact checking, e che non mancheranno le polemiche destate dalle iniziative di alcuni stati amerciani, e da uno studio psicologico di Stanford.
Qualche giorno fa, l’ex leader social democratico inglese Nick Clegg, ora responsabile degli affari globali del social network, ha spiegato – rispondendo ad alcune istanze europee – le iniziative che Facebook prenderà in vista delle imminenti europee: innanzitutto, si interverrà per una maggior trasparenza sulle inserzioni politiche, con la necessaria autorizzazione per chi vorrà servirsene, più controlli prima di convalidarle, e l’etichetta “pagato da” che (assieme a molte altre informazioni fornite sulle inserzioni) campeggerà in calce ad ognuna di esse. In più, in tema di disinformazione, si agirà preventivamente aprendo – alcune settimane prime delle elezioni – ulteriori centri europei dedicati al fact checking.
Peccato che, in queste sedi, come riportano alcuni media americani (es. The Atlantic), non vi sarà più il contributo di interlocutori come l’Associated Press ed il sito Snopes. L’agenzia stampa ha affermato che, nel valutare i costi dell’offrire a terzi il servizio di fact checking, stanno valutando l’impatto positivo che il loro impegno può avere per lo staff stesso e la comunità online, mentre il sito di debunking ha ammesso che già da ora non sta collaborando con Facebook, essendo impegnata nel valutare come meglio utilizzare le proprie risorse investigative.
A proposito di indagini, il portale Bloomberg ha svelato come i procuratori generali di alcuni stati americani stiano conducendo indagini sul social: nello specifico, un gruppo di stati, tra cui Connecticut, Illinois, e Pennsylvania, vorrebbero vederci chiaro sul modo in cui Facebook gestisce e protegge i dati degli utenti, mentre New York, Massachusetts, e New Jersey mirerebbero a scovare eventuali violazioni non ancora divenute di pubblico dominio.
Come se non bastasse, è stato appena pubblicato l’esito di una ricerca condotta, nel 2016, su 2.488 volontari, dall’Università di Stanford, dal quale si evince come gli utenti sondaggiati, dopo aver sospeso la frequentazione di qualsiasi social per ben un mese, alla fine si siano sentiti più felici, meno soli e depressi, meno schierati politicamente, e più propensi a un uso spontaneamente ridotto dei social network. Va precisato, comunque, che si parla di sospensione (e non di chiusura) dell’account di Facebook, e che l’uso di Messenger era tollerato.
Infine, la security house finlandese F-Secure ha pubblicato alcuni consigli, piuttosto eloquenti, su come usare Facebook senza farsi schedare, chiaro riferimento ai tanti scandali emersi in merito al tracciamento dei dati personali da parte di Menlo Park. Tra i vari consigli, riportati anche dal debunkologo Paolo Attvisissimo, il non crededere che Messenger sia davvero segreto visto che comunque contribuirebbbe alla creazione di profili ombra dai quali si evincerebbe con chi si parla più frequentemente, in che ora e giorno lo si fà, se ci si scambia molte foto e video, etc. In tal senso, sarebbe meglio usare l’app Signal per interagire. Inoltre, sarebbe bene disattivare l’Application Platform sul social e la geolocalizzazione sulle app del medesimo (cui ridurre anche i permessi e le autorizzazioni), fornire dati falsi in sede di registrazione degli account, e non usare lo stesso browser per navigare ed entrare su Facebook.