Nel fine settimana appena trascorso, in seguito agli attentati di Parigi, gli attivisti di Anonymous avevano annunciato la loro mobilitazione per bloccare la propaganda online del sedicente Califfato islamico di Al-Bagdadi. “Preparatevi” diceva, in un video, un hackvist dell’organizzazione hackeristica per la libertà, “Perché vi troveremo e vi fermeremo”.
La reazione degli islamisti non è fatta attendere ed ha assunto, da subito, i toni sarcastici della beffa. In particolare, i simpatizzanti dell’Isis hanno sostenuto, nei loro canali Telegram, che gli hacker libertari – definiti “idioti” non possono far altro che chiudere qualche account e violare le webmail. In seguito a tale commento, poi, gli estremisti hanno invitato, in inglese e arabo, i loro simpatizzanti a non aprire link provenienti da fonti ignote, a cambiare spesso indirizzo IP ed a non parlare con gli sconosciuti sia su Twitter che su Telegram dove, va spiegato, i canali – anche pubblici – utilizzati dai terroristi per comunicare con i loro adepti non mancano decisamente.
Nello specifico si tratta di hub come Daquib (quasi 6000 iscritti), Elite section of Is, Nashirs (iscritti passati da 4000 a 8000 dopo le prime rivendicazioni degli attentati parigini), KhilafahNews, dove verrebbero pubblicate foto – agghiaccianti – delle varie stragi commesse assieme a giustificazioni, in multilingua (francese, inglese ed arabo: per esser sicuri che il messaggio circoli e sia compreso) dei loro crimini.
Anonymous dal canto suo, bando alle chiacchiere, è già passata ai fatti operando su più fronti. Uno dei primi interventi è stato sicuramente quello degli attacchi DDoS che, inviando ai server dei siti estremisti più richieste di quanto non riescano a gestire, ne causano la caduta in “offline”. Non meno importante è stato il “Google Bombing” che mira ad alterare i risultati della ricerca di termini come “reclutamento Isis” in modo che conduta a portali inoffensivi o siti trappola (di sicuro non a quelli sperati dai terroristi). Anche il “Flood di telefonate di spam” potrebbe tornare utile nel mettere fuori causa il servizio di assistenza telefonica che l’ISIS, in forma criptata, eroga ai suoi militanti: l’organizzazione degli attentati dovrebbe risentirne.
I tipi di attacchi certamente più importanti, però, che Anonymous sta portando all’ISIS 3.0 consistono nell’hackeraggio di vari tipi di account in modo da prelevare dati sensibili come i nomi dei capi dell’organizzazione, la gerarchia della medesima, gli indirizzi privati e, ovviamente, gli eventuali piani di nuovi attentati. Tutto materiale, ottenuto con tecniche illegali per i servizi di intelligence ufficiali, che poi (“Doxing”) vengono resi pubblici in modo da facilitare le azioni di polizia e di guerra contro i terroristi in oggetto (es. sul forum 4Chan). A tal proposito, gli hacker etici di Guy Fawkes hanno già chiuso 3824 account Twitter pro Isis scampati ai controlli del canarino azzurro e altrettanto si apprestano a fare con i canali Telegram di cui sopra e con diversi profili ospitati anche da Facebook.
Non paghi di questi risultati sin qui ottenuti, secondo NextWeb, gli Anonymous avrebbero anche chiesto la collaborazione di tutti gli utenti della rete, distribuendo – nei loro canali IRC – 3 tutorial “tecnici”. In uno di essi si spiegherebbe come cercare account estremisti (magari creando un bot di reperimento automatico), in un altro si illustrerebbe come condurre attacchi DDoS e MITM (man-in-the-middle) anche senza esperienza di programmazione e, infine, nell’ultima guida si inviterebbe, tra le altre cose, gli utenti a condividere i dati su piattaforme pubbliche ed anonime come il già citato 4Chat e Gostbin.