Come proteggere dati sensibili (e foto di nudo) sui device mobili

Il recente caso della giornalista Diletta Leotta, alla quale sono stati sottratti video e foto osé, dimostra quanto sia difficile proteggere i dati sensibili ospitati sui propri device mobili. Ecco una serie di cautela da adottare per tutelarsi adeguatamente.

Come proteggere dati sensibili (e foto di nudo) sui device mobili

La cronaca ci riporta continuamente all’attenzione quanto sia difficile tutelare la propria privacy in un mondo che, sempre più connesso ad internet, è – parimenti – anche sempre più esposto ad attacchi hacker e intercettazioni varie. L’ultimo caso, in ordine di tempo, vede coinvolta la bella giornalista di Sky, Diletta Leotta, le cui foto intime sono finite in rete, diffuse ai quattro venti. Ecco una serie di cautele per non rimanere vittime di episodi del genere.

La soluzione migliore è quasi sempre la più radicale. Per evitare che i propri contenuti osé finiscano in Rete, bisogna evitare di generarli. C’è poco da dire: puoi prendere tutte le cautele che vuoi ma, in linea di principio, se crei un contenuto sensibile, vi è sempre la remota possibilità che quest’ultimo possa sfuggire al tuo controllo. Se proprio non si può evitare di realizzare foto o video intimi, almeno non condivideteli/inoltrateli: se, tuttavia, è proprio quello il vostro proposito (magari per stuzzicare qualcuno/a), almeno abbiate l’accortezza di coprirvi il volto e, possibilmente, di rimuovere dallo sfondo elementi identificativi. 

Questo perché è difficile sapere quel che passa nella mente umana ed i casi di revenge porn (vendetta tramite divulgazione di materiale a sfondo sessuale) possono coinvolgere davvero tutti: persino parenti, ex fidanzati, ex coniugi. Non sempre, tuttavia, la diffusione non autorizzata di contenuti osé nasce dal fatto che si sia scelta la persona sbagliata con la quale “aprirsi”. 

A volte la colpa è, diciamo così, della tecnologia. I servizi di cloud hosting, che si propongono di liberare spazio prezioso dai nostri device mobili, sono sempre più diffusi (Microsoft ha OneDrive, Google ha GDrive, ed Apple ha iCloud) e, su quasi ogni smartphone, propongono comode funzionalità di sincronizzazione: in questo modo, a sentir loro, potrete avere le vostre amate foto su qualsiasi dispositivo condivida il medesimo account. Tutto molto bello: peccato che, tirando fuori le foto dal vostro device mobile, e portandole sul web, questi servizi rendano un gran bel servigio agli hacker i quali, di fatto, dovranno solo violare la password di un normale website/server.

Cosa fare in questo caso. La soluzione più “soft” è quella di fissare, per i servizi di cloud hosting (ma anche per gli altri), delle password complesse per nessun motivo al mondo riconducibili a parole di senso compiuto: gli hacker, muniti di appositi dizionari, o semplicemente conoscendo qualche informazione basilare sul vostro conto, andrebbero a nozze in frangenti del genere! Scegliete, semmai, un termine, visualizzatelo come frase, prendete le iniziali di ogni parola e, laddove possibile, sostituite alcune lettere con dei numeri: se non altro, darete filo da torcere ai malintenzionati.

Oltre a ciò, è molto utile anche criptare le informazioni che depositate sulla nuvola: Viivo (ex SecretSync), tanto per fare un nome, è un ottimo programma, disponibile sia per Windows che per Mac, sia per Android che per iOS, che si occupa proprio di criptare quanto intendete spedire su GDrive, OneDrive, Dropbox, Box, e su molti altri celebri servizi del genere.  

In alternativa, se proprio non vi fidate del cloud e dei server su cui quest’ultimo si basa, l’ideale consiste nel tenere i propri dati “sensibili” sul device. Meglio sulla memoria locale, nel caso abbiate avuto l’accortezza di fissare una sequenza numerica, un pattern, o una scansione biometria a protezione del vostro device. Teoricamente, anche la schedina microSD andrebbe bene (il curiosone dovrebbe fisicamente approcciare il vostro device perché i vostri dati prendano il volo), ma – in questo caso – sarebbe bene provvedere a criptarla (le ultime versioni di Android supportano nativamente tale funzione).

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