In Italia, stando ai dati Istat del 2015, vi sono oltre 300mila pazienti (il 20% del totale), appartenenti alla fascia di età compresa tra i 15 e i 17 anni, che hanno almeno una patologia cronica.
Per patologia o malattia cronica si intende una malattia caratterizzata dal fatto di presentare sintomi che perdurano nel tempo. Le malattie croniche che interessano la fascia di età giovanile sono perlopiù i difetti della vista, disturbi muscolari, disturbi ginecologici, disturbi dell’alimentazione. Spesso queste patologie derivano da cattive abitudini, che possono essere l’assenza di attività fisica, una cattiva alimentazione, il consumo di tabacco, l’abuso di alcol.
Lunedì scorso, la Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza (SIMA) ha proposto l’adozione dei cosiddetti “voucher della salute“, da destinare ai ragazzi di età compresa tra i 14 e i 22 anni. Si tratta di carnet di voucher, i quali dovranno essere utilizzati dai giovani italiani per visite specialistiche in strutture convenzionate del Sistema Sanitario Nazionale (SSN).
L’obiettivo di questi voucher è quello di assicurare la continuità delle cure mediche al termine dell’età pediatrica e di abituarli a essere attivi e indipendenti quando in gioco c’è la salute.
I soggetti che si faranno carico di questa assistenza potranno essere il Sistema sanitario nazionale, quello regionale, la singola Asl, l’Azienda ospedaliera universitaria o l’assicurazione sanitaria.
L’importo e la durata (semestrale, annuale, triennale) dei voucher varierà in base al budget dell’ente erogatore.
Piernicola Garofalo, presidente SIMA, ha spiegato: “Abbiamo scattato una foto del reale e ci siamo accorti con stupore che esiste una larga fascia di ragazzi sani per i quali il Sistema Sanitario Nazionale non prevede visite mediche. Il nostro intento è proprio quello di smuovere il SSN, che non incentiva i ragazzi a intraprendere un percorso di presa di consapevolezza della propria salute. Bisogna quindi fornire ai giovani gli strumenti assistenziali, colmare questo vuoto sanitario ed investire in “cultura della salute”. Dobbiamo aprire un fronte su un argomento che non trova lo spazio che merita e che manca a livello culturale e normativo”.