Ecco una notizia interessante per coloro che sono a rischio diabete, ma anche per coloro che non lo sono o non sanno di esserlo. Infatti lo studio scientifico che andrò a descrivere fa riferimento al diabete di tipo 2 e si rivolge in particolare alla prevenzione nei soggetti in cui questa malattia non viene diagnosticata (circa 1 persona su 2 soffre di diabete senza saperlo).
Da oggi, grazie ad un test, secondo uno studio italiano condotto dal professor Giorgio Sesti, presidente della Società Italiana di Diabetologia e pubblicato sulla rivista Clinical Endocrinology & Metabolism, sarà possibile prevedere entro i prossimi cinque anni il diabete. Il test in questione è noto come “curva glicemica” o “test da carico di glucosio” e viene realizzato semplicemente misurando i valori glicemici nelle due ore successive all’ingestione di una bevanda contenente 75 grammi di glucosio.
Questo nuovo studio è davvero innovativo perché mette in luce una nuova categoria di soggetti a rischio, finora trascurata dalla scienza e dalla medicina, dimostrando che i soggetti con normale tolleranza glucidica che hanno però valori di glicemia maggiori di 155 mg/dl, 1 ora dopo l’assunzione della dose di glucosio sopra indicata (75 grammi), hanno un rischio superiore di sviluppare il diabete mellito tipo 2, rispetto a quelli con alterata glicemia a digiuno.
Il professor Sesti ha inoltre precisato: “Il nostro studio dimostra che rispetto ai soggetti con alterata glicemia a digiuno (IFG), le persone con normale tolleranza glucidica, ma con valori di glicemia un’ora dopo carico orale di glucosio maggiori di 155 mg/dl (‘NGT-alti ad un’ora’), presentano due aspetti patogenetici, tipici del diabete tipo 2, ovvero: una riduzione della sensibilità insulinica e una ridotta funzione secretoria da parte delle beta cellule pancreatiche. L’importanza del nostro studio è di avere fatto emergere una condizione di rischio per diabete tipo 2, in un gruppo di persone considerate a basso rischio di diabete tipo 2 secondo le attuali linee guida. I risultati di questo studio hanno permesso di individuare una nuova categoria di soggetti ad elevato rischio di diabete negli anni immediatamente a venire, sulla quale concentrare dunque tutti gli sforzi di prevenzione per ritardare la comparsa di questa condizione o per trattarla adeguatamente sul nascere”.