Gli scienziati hanno scoperto che un comune farmaco antidepressivo chiamato vortioxetina potrebbe essere efficace contro il glioblastoma, la forma di neoplasia al cervello più diffusa e reattività negli adulti. Il glioblastoma è noto per la sua crescita rapida e il carattere maligno, ed è purtroppo considerato incurabile. La prognosi per i pazienti è estremamente sfavorevole: dopo la diagnosi, l’aspettativa di vita media è di soli 15 mesi, e circa la metà dei pazienti deceduti entro un anno. Nonostante i trattamenti attuali, che comprendono una combinazione di chemioterapia, chirurgia e radioterapia, possano prolungare la sopravvivenza dai malanni, la speranza è quella di individuare farmaci in grado di distruggere le cellule tumorali e migliorare significativamente la qualità della vita dei pazienti.
La vortioxetina, già utilizzata come antidepressivo dal 2017 in Italia, ha mostrato risultati promettenti negli studi preclinici, ovvero su cellule tumorali in laboratorio e modelli murini (topi) affetti da glioblastoma. Sebbene l’efficacia sia stata dimostrata solo in questi contesti, il suo meccanismo d’azione ha dato grande speranza ai ricercatori, che sono fiduciosi nel suo potenziale anche per l’essere umano. A breve, partiranno i primi trial clinici per testare l’efficacia del farmaco nei pazienti umani, in sinergia con le terapie già esistenti. Questa scoperta è stata resa possibile da un team di ricerca svizzero, guidato dagli scienziati dell’Istituto di Biologia dei Sistemi Molecolari dell’ETH di Zurigo, in collaborazione con vari centri di eccellenza, tra cui l’Istituto Svizzero di Bioinformatica, il Centro Oncologico dell’Ospedale Universitario di Zurigo e il Dipartimento di Neurochirurgia dell’Ospedale Cantonale di San Gallo.
Gli scienziati, coordinati da Berend Snijder e Sohyon Lee, hanno concentrato la loro ricerca sulla barriera ematoencefalica, una sorta di filtro che protegge il cervello, ma che limita anche il passaggio di molti farmaci. Per individuare farmaci capaci di superare questa barriera e agire sul glioblastoma, i ricercatori hanno utilizzato una piattaforma di screening per la farmacoscopia, testando oltre 130 molecole neuroattive su campioni di tessuto prelevati da pazienti con glioblastoma. Tra queste molecole, la vortioxetina si è distinta per la sua capacità di sopprimere la divisione delle cellule tumorali, attivando un segnale a cascata chiamato AP-1/BTG, che agisce bloccando la proliferazione delle cellule maligne.
I test sui topi hanno confermato l’efficacia del farmaco, soprattutto in combinazione con le terapie oncologiche già in uso.Secondo il professor Michael Weller, del Dipartimento di Neurologia dell’Ospedale Universitario di Zurigo, la vortioxetina ha un vantaggio chiave: è già un farmaco approvato, il che significa che potrebbe integrare rapidamente le terapie standard per il glioblastoma. “Il nostro obiettivo è ora testare la vortioxetina sui pazienti, per verificare se questi risultati promettenti si tradurranno in benefici reali”, ha dichiarato Weller.Tuttavia, gli esperti sottolineano che, nonostante i risultati incoraggianti, il farmaco ha dimostrato la sua efficacia solo su modelli preclinici, e sono necessari ulteriori studi per determinarne la reale utilità negli esseri umani.
Per ora, gli scienziati avvertono i pazienti di non assumere il farmaco senza la supervisione medica. Oltre alla vortioxetina, sono in corso altre ricerche per contrastare il glioblastoma. Un recente test del cruore promette di rilevare la neoplasia in fase precoce, mentre un vaccino a mRNA ha mostrato risultati positivi nel prolungare la sopravvivenza dei pazienti. Anche nuove molecole come HTL-001 e tecnologie innovative, come un gel sperimentale, stanno ottenendo risultati incoraggianti in trial preclinici. Nonostante il glioblastoma resti una delle forme di neoplasia più difficili da trattare, i progressi della ricerca offrono nuove speranze per il futuro. I dettagli dello studio, intitolato “High-throughput identification of repurposable neuroactive drugs with potent anti-glioblastoma activity, sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista Nature Medicine.