Il composto panobinostat (LBH589), che è già utilizzato nel trattamento di diverse forme tumorali, è stato identificato come un possibile candidato per il trattamento di uno dei più aggressivi tumori cerebrali infantili, il glioma pontino diffuso, malattia di cui soffrono bambini da 4 a 9 anni. La notizia è frutto di uno studio multicentrico che è stato pubblicato di recente sulla rivista Nature Medicine.
Questo tipo di ricerca ha unito screening farmacologico e genomica allo scopo di identificare eventuali sostanze capaci di bloccare la diffusione del tumore: l’obiettivo è quello di individuare terapie da testare con trial clinici. A finanziare lo studio sono stati gli Istituti Nazionali di Sanità (NIH), il Dipartimento della Difesa americana e 24 associazioni no-profit.
Gli scienziati hanno esaminato i campioni di tessuto di 16 pazienti europei e statunitensi e studiato oltre 80 composti già in uso per trovare quello più efficace contro il tumore in vitro, privilegiando i farmaci epigenetici che contengono sostanze che regolano l’espressione genica. E così gli scienziati hanno individuato il principio attivo panobinostat, che si è rivelato efficace nell’arresto del tumore.
Gli scienziati hanno poi iniettato la sostanza nei topi e hanno visto un reale arresto della crescita tumorale e una maggiore longevità degli animali.
Una scienziata che ha partecipato alla ricerca ha detto che è il secondo tumore cerebrale infantile più diffuso, che causa ai pazienti la perdita del controllo dei muscoli. I sintomi di questa malattia si sviluppano con molta rapidità e sono devastanti: la posizione del tumore, che interessa il tronco encefalico, non è aggredibile chirurgicamente e l’unica soluzione è la radioterapia e chemioterapia. Da qui l’importanza di donare gli organi.
La dottoressa Monje ha detto: “Anche per questo, abbiamo sempre avuto pochissimo tessuto cerebrale a disposizione per la ricerca; la situazione è iniziata a cambiare da qualche anno grazie ai parenti dei pazienti, che scelgono di donare l’organo dopo il decesso”. Da sei anni la dottoressa Monje sta tentando di creare un database di campioni biologici di tessuto tumorale da studiare in laboratorio per scoprire nuove strategie terapeutiche per questo tumore che non prevede una cura farmacologica precisa.