Il tumore al seno è una patologia potenzialmente molto grave, che affligge ogni anno milioni di donne in tutto il mondo e che per questo sta assumendo una rilevanza sempre maggiore. È dovuto alla moltiplicazione incontrollata di alcune cellule, che si trasformano in maligne e, se non diagnosticata in tempo può condurre alla morte. Ecco perché sempre più di frequente vengono lanciate campagne di sensibilizzazione alla prevenzione, per cercare di diagnosticare la malattia agli stadi iniziali, quando è più semplice e meno invasivo poter intervenire e sono maggiori le percentuali di guarigione al 100%. Per potersi difendere dal tumore al seno, dunque, è fondamentale la prevenzione, ma ancor prima è necessario sapere bene di cosa si tratta, quali sono i sintomi da non sottovalutare e come si cura. Vediamolo nello specifico.
Cos’è
Il tumore al seno è una patologia, che interessa le varie ghiandole presenti all’interno del seno femminile. È da sfatare, infatti, il mito secondo il quale il seno sia una ghiandola, ma si tratta bensì di un insieme di strutture ghiandolari, dette lobuli, che unite tra loro formano un lobo. In ogni seno vi sono dai 15 ai 20 lobi. Quando un seno è interessato da un tumore, le cellule della ghiandola mammaria iniziano a trasformarsi in cellule maligne, che hanno la capacità di staccarsi dal tessuto da cui sono state generate, per riuscire ad invadere i tessuti limitrofi e piano piano anche il resto del corpo. Esistono diversi tipi di tumore al seno, ma quelli più diffusi sono quelli a carico delle ghiandole.
Tipologie
Il tumore al seno più essere sostanzialmente di due forme: forme non invasive e forme invasive.
Le forme non invasive sono:
- DIN – Neoplasia duttale intraepiteliale (carcinoma in situ)
- Grado 1 A – Atipia epiteliale piatta
- Grado 1 B – Iperplasia duttale atipica
- Grado 1 C – Neoplasia duttale intraepiteliale ben differenziato
- Grado 2 – neoplasia duttale intraepiteliale moderatamente differenziato
- Grado 3 – neoplasia duttale intraepiteliale differenziato
- LIN -Neoplasia lobulare intraepiteliale
- LIN 1 – Neoplasia lobulare intraepiteliale grado 1
- LIN 2 – Neoplasia lobulare intraepiteliale grado 2
- LIN 3 – Neoplasia lobulare intraepiteliale in situ
Le forme invasive, invece, sono:
- il carcinoma duttale, che si verifica quando supera la parete del dotto, ed è quello più diffuso
- il carcinoma lobulare, quando il tumore supera la parete del lobulo. Questo tipo di carcinoma, invece, è più raro ed interessa il 15% circa dei casi di tumore al seno. Può colpire entrambi i seni oppure comparire in diversi punti dello stesso seno. Forme meno comuni di carcinoma sono il carcinoma tubulare, papillare, cribiforme, mucinoso e solitamente hanno una prognosi favorevole per la paziente.
Evoluzione
L’evoluzione di un tumore al seno passa attraverso diversi stadi. Vediamo quali sono.
- Stadio 0. Viene chiamato anche carcinoma in situ e può essere di due tipi:
carcinoma lobulare in situ: una forma di tumore al seno non aggressivo, ma che può rappresentare una minaccia per la futura formazione di una lesione maligna.
- Carcinoma Duttale in situ. Colpisce le cellule dei dotti e aumenta il rischio di avere un tumore al seno in cui si presenta.
- Stadio I. Si tratta di un tumore al seno in fase iniziale, che solitamente non è più grande di 2 cm di diametro e non coinvolge i linfonodi.
- Stadio II. È ancora un cancro in fase iniziale con diametro inferiore ai 2 cm, ma a questo stadio sono già stati coinvolti i linfonodi sotto l’ascella. Appartengono allo stesso stadio anche i tumori che non hanno coinvolto i linfonodi, se questi hanno un diametro maggiore di 2 cm.
- Stadio III. Si tratta di un tumore avanzato a livello locale, che può presentarsi con dimensioni anche diverse, ma che ha coinvolto i linfonodi sotto l’ascella oppure i tessuti vicino al seno. Solitamente la prima parte ad essere attaccata è la pelle.
- Stadio IV. Si tratta dello stadio più avanzato di un tumore, quando sono già presenti delle metastasi ed anche organi diversi da quello in cui si è formato il tumore, in questo caso il seno, sono stati coinvolti.
Intervenire ai primi stadi di un tumore al seno è estremamente importante. Infatti, diagnosticare un tumore allo stadio 0 garantisce la sopravvivenza nel 98% dei casi, con piccole percentuali di ricadute, che possono variare dal 9 al 30 %, a seconda delle terapie effettuate. Quando, invece, il tumore al seno è già metastatizzato e, di conseguenza, anche altri organi sono stati colpiti, la sopravvivenza dei pazienti con chemioterapia è di due anni, anche se in alcuni casi si può arrivare anche a dieci anni.
Sintomi
Contrariamente a quanto si possa pensare il tumore al seno non provoca dolore a chi sta sviluppando questa patologia. Infatti, alcuni studi condotti su un campione di donne, che accusava dolore al seno, hanno provato che soltanto nello 0.4% dei casi era presente una formazione maligna, mentre nel 12.3% dei casi il dolore era procurato dalle normali variazioni degli ormoni durante il ciclo mestruale e non avevano nulla a che fare con le formazioni tumorali. È invece importantissimo procedere all’autopalpazione costantemente, per identificare la presenza di eventuali noduli riscontrabili al tatto ed in alcuni casi persino visibili. È altrettanto importante segnalare eventuali anomalie e alterazioni dei capezzoli, perdite da un capezzolo (solitamente, infatti, se la perdita interessa entrambi i seni la causa potrebbe essere ormonale), cambiamenti della pelle (con un aspetto a buccia d’arancia localizzato) o della forma stessa del seno. Quando il carcinoma è associato ad un’infiammazione del tessuto mammario, viene interessata anche la rete linfatica e vi è arrossamento della cute e senso di tensione con conseguente aumento del volume della mammella, si parla di carcinoma mammario antinfiammatorio. Anche alcune patologie benigne della mammella, come ad esempio la mastopatia fibrocistica, il fibroadenoma e la mastalgia funzionale, sono delle volte associate ad un tumore al seno ed ogni nuovo sintomo va segnalato al proprio medico perché potrebbe essere segnale della comparsa della malattia e, di conseguenza, è importante agire con tempestività. A volte, invece, la presenza di un tumore al seno si può individuare con sintomi diversi, che non interessano il seno, a seconda delle zone nelle quali si sono già diffuse le metastasi. Solitamente le zone in cui appaiono principalmente le metastasi del tumore al seno sono le ossa, il polmone, il fegato ed il cervello.
Spesso, però, la maggior parte dei tumori al seno non danno alcun sintomo evidente e si possono individuare soltanto attraverso la mammografia o l’ecografia, nei casi di donne giovani con un’età compresa tra i 30 ed i 45 anni.
Fattori di rischio
Il tumore al seno, esattamente come le altre forme di cancro è il risultato di numerosi fattori, ambientali ma anche ereditari.
- Lesioni al DNA, come ad esempio le mutazioni genetiche. L’esposizione agli estrogeni, infatti, è stata correlata alle mutazioni, che provocano il tumore al seno
- Fallimento dell’immunosorveglianza, che solitamente blocca l’insorgenza dei tumori maligni.
- Difetti congeniti nei geni di riparo del DNA, come BRCA1, BRCA2 E p53.
Nel caso del tumore al seno, inoltre, è estremamente importante anche l’esposizione prolungata ad una stimolazione estrogenica, sia endogena che esogena. Ecco perché il tumore al seno è particolarmente diffuso in donne con:
- parenti di 1° grado affetti da tumore al seno
- mancata allattazione dopo il parto
- età superiore a 50 anni
- menarca prima dei 12 anni
- nulliparità, prima gravidanza in età avanzata
- terapia ormonale per più di 5 anni
- precedente diagnosi di tumore al seno
- sedentarietà
- uso di formulazioni ad alto dosaggio estrogenico di contraccettivi orali
- diagnosi precedente di tumore alle ovaie
- malattia proliferativa atipica della mammella
- malattia proliferativa benigna della mammella.
Nonostante però tutti questi fattori di rischio, in realtà al momento non è nota la causa, che origina la formazione di un tumore al seno. Di recente alcuni studi hanno portato all’identificazione di 17 sostanze nocive presenti nell’aria responsabili del tumore al seno, ma ancora si è ben lontani dal trovare una causa certa.
Diagnosi
La diagnosi del tumore al seno avviene attraverso la mammografia o l’ecografia. Nel referto, il radiologo che effettua l’esame indicherà una sigla per andare a classificare la massa identificata.
- B1 indica un quadro normale
- B2 indica un quadro con alterazioni di tipo benigno
- B3 indica un quadro radiologico dubbio, ma verosimilmente benigno
- B4 indica un quadro radiologico dubbio, ma verosimilmente maligno
- B5 indica un quadro radiologico senza dubbio maligno.
L’ecografia, solitamente, viene utilizzata come esame di completamento, dal momento che da sola non permette di fornire tutte le informazioni necessarie alla diagnosi di un tumore al seno. Viene, però, utilizzata nelle donne al di sotto dei 35 anni, che presentano un tessuto mammario particolarmente denso. Nel momento in cui viene identificata una massa sospetta, sarà consigliabile effettuare una biopsia. A seconda della formazione tumorale, la biopsia può essere eseguita in sala operatoria oppure in ambulatorio, dove il medico preleverà un campione del nodulo attraverso un ago per procedere ad un esame citologico o microistologico. Durante l’esame citologico, gli analisti esamineranno le cellule, mentre nel secondo verranno studiati i tessuti del campione. Grazie a questi esami sarà possibile capire la natura della malattia e valutarne le caratteristiche biologiche. L’anatomo patologo, che esegue l’esame, classificherà il grado di sospetto citologico:
- C1 quando il quadro citologico non è sufficiente per arrivare ad una diagnosi
- C2 quando il quadro citologico è normale
- C3 quando il quadro citologico è dubbio, ma verosimilmente benigno
- C4, quando il quadro citologico è dubbio, ma verosimilmente maligno
- C5 quando il quadro citologico è sicuramente maligno.
È sempre estremamente importante arrivare ad una diagnosi precose, per cercare di agire subito sul tumore al seno ed evitare effetti collaterali e la durata stessa della terapia. Negli ultimi anni, con il progredire della ricerca scientifica, sono stati proposti diversi sistemi software per la diagnosi automaticizzata/assistita per cercare di coadiuvare i lavoro del radiologo durante la fase di diagnosi, permettendo così al medico di dimezzare il tempo necessario solitamente alla diagnosi.
La cura
Nella quasi totalità dei casi un tumore al seno si cura attraverso un intervento chirurgico, indipendentemente dallo stadio in cui si trova. Infatti è particolarmente importante, innanzitutto, rimuovere il tessuto malato, prima di procedere con eventuali terapie. Quando il tumore al seno non è ad uno stadio avanzato si potrà ricorrere ad una chirurgia conservativa, che permette di evitare l’asportazione di una o di entrambe le mammelle, operazione che viene eseguita nei casi più gravi. Le procedure che vengono adottate oggi giorno sono:
- Tumorectomia. Si tratta dell’asportazione del nodulo tumorale con una piccola porzione di tessuto normale circostante
- Quadrantectomia. Consiste nell’asportazione dell’intero quadrante mammario interessato dal tumore insieme alla cute sovrastante
- Mastectomia radicale. In questo caso viene asportata tutta la mammella insieme ai muscoli pettorali in prossimità. Quando quest’ultimi, invece, vengono risparmiati dall’operazione chirurgica l’intervento prende il nome di mastectomia radicale modificata.
Nel caso di tumori infiltranti, però, viene eseguito anche lo svuotamento dei linfonodi ascellari, attraverso i quali le metastasi possano essere arrivate alle altre parti del corpo. In presenza di un tumore non infiltrante, si usa la tecnica dell’asportazione del linfonodo sentinella, che dopo l’asportazione viene analizzato. Se l’esame anatomo-patologico rileva la presenza di tessuto neoplastico superiore a 2 mm, sarà necessario procedere allo svuotamento dell’ascella per evitare di lasciare eventuali depositi metastatici. In caso contrario non sarà necessario effettuare nessun altro intervento chirurgico. Nel caso di asportazione di una o di entrambe le mammelle, spesso si procede con delle procedure ricostruttive, che possono avvenire nella stessa sede o successivamente. Si può decidere di posizionare direttamente la protesi definitiva, oppure di inserire un espansore, che andrà sostituito in un secondo tempo con una protesi definitiva.
Radioterapia
La radioterapia in presenza di un tumore al seno si rende necessaria quando:
- Si rilevano più di 4 linfonodi positivi in seguito ad una mastectomia radicale
- Tumore bulky superiore allo stadio 3
- Resezioni parziali, come la quadranctectomia.
La radioterapia ha il compito di “sterilizzare” i focolai tumorali ancora residui evitando casi di recidiva. Le zone che vengono irradiate attraverso la radioterapia sono
- La mammella residua
- La parete toracica sottostante
- 2-3 cm di parenchima polmonare
È importante che la radioterapia non vada ad irradiare la superficie cardiaca. In caso di mastectomia totale, la radioterapia sarà indicata soltanto nei casi T3 e T4, nei casi con margini di resezione positiva e nei casi con invasione della fascia pettorale, dei linfatici del derma e della cute. In questi casi la somministrazione durante la radioterapia sarà di circa 50Gy, con dosi singole di 1.8 e 2.0 Gy e con boots su letto tumorale di 10-20 Gy. In caso di più di 4 linfonodi ascellari per invasione metastatica si procede all’irradiazione della fossetta sottoclaveare omolaterale, della parete toracica e del cavo ascellare omolaterale. I linfonodi mammari interni, invece, non vengono interessati dalla radioterapia per evitare la possibile tossicità cardiaca. La tossicità della radioterapia per carcinoma alla mammella comprende:
- teleangectasie
- fibrosi sottocutanea
- edema dell’arto superiore, lesioni al plesso branchiale
- neuroplasie secondarie
- ischemia cardiaca, qualora i campi irradiati sconfinino nella superficie cardiaca.
Ormonoterapia
Si tratta di una terapia, che si usa per:
- Tumore positivo ai recettori per gli estrogeni
- Palliativa nella malattia metastatica
- Adiuvante nei gruppi a rischio.
In questo caso i farmaci più utilizzati sono:
- antiestrogeni, come il tamozifene, soprattutto nelle donne in post menopausa con recettori per gli estrogeni positivi
- progestinici, come il medrossiproesterone acetato
- inibitori dell’aromatasi, come l’anastrazolo, ovvero farmaci ottimi nelle pazienti anziane, ma che possono causare osteoporosi
- analoghi del Gn-RH, come il goserelin, soprattutto in donne giovani.
Chemioterapia
La chemioterapia per il trattamento del tumore al seno viene utilizzata nei casi più seri della malattia. In questo caso i farmaci vengono iniettati in vena e quelli più utilizzati sono:
- taxani
- antraci cline
- metotrexate
- ciclofosfamide
- 5 fluorouracile
- Vinorelbina
- Cisplatino
- Gemcitabina
Terapia del carcinoma metastatico
La terapia del carcinoma metastatico può essere ormonale o con farmaci tradizionali. Si procede con quella ormonale in questi casi:
- malattia a crescita lenta
- più di 2 anni di intervallo dalla malattia
- età superiore ai 35 anni
- buona risposta ad ormonoterapia in precedenza
- metastasi osee e dei tessuti molli
- recettori ormonali positivi.
I farmaci usati principalmente nell’ormonoterapia palliativa sono gli inibitori dell’0atomatasi, ma possono essere utilizzati anche gli analoghi del GnRH. Nel caso in cui le metastasi ossee dolorose siano positive alla scintigrafia ossea e multiple si può utilizzare anche la terapia radio metabolica specifica a scopo antalgico.
Prevenzione
Al fine di poter arrivare ad una diagnosi precoce del tumore al seno è importante sottoporsi ad esami di prevenzione specifici per il tumore al seno. Vediamo quali sono gli step più importanti.
- Esercizio fisico. È bene fare esercizio fisico ed alimentarsi con una dieta con pochi grassi e molti vegetali, soprattutto frutta e verdura, in particolare cavoli, broccoli, te verde e pomodori
- Allattare i figli. Secondo delle ricerche scientifiche allattare i propri figli aiuta a combattere il tumore al seno, dal momento che le cellule del seno diventano in questo modo più resistenti ad eventuali trasformazioni neoplastiche
- Mammografia. Sottoporsi alla mammografie è il metodo più efficace per una diagnosi precoce. È bene effettuarla almeno ogni 2 anni, dai 50 ai 69 anni di etò, ma a seconda dell storia personale e dei precedenti la cadenza può variare. Si anticipa a 40 anni, invece, per le donne che hanno avuto un caso di tumore al seno, che ha coinvolto la madre o la sorella
- Ecografia. È un esame molto utile per individuare la comparsa di noduli, ma solitamente viene utilizzato nelle donne al di sotto dei 40 anni
- Autopalpazione. Procedere all’autopalpazione è importante per individuare subito eventuali trasformazioni del seno. Si tratta di una tecnica importante, ma che non può e non deve sostituire i controlli medici più approfonditi.
- Dieta preventiva. Diversi studi scientifici hanno dimostrato la validità in campo di prevenzione del tumore al seno di una dieta particolare, con un apporto elevato di fitoestrogeni, contenuti nelle alghe, nei semi di lino, nei legumi, dei cereali integrali e nei frutti di bosco. È bene, inoltre, eliminare gli zuccheri che aumentano i livelli di insulina nel sangue. È particolarmente indicato, inoltre, assumere molte crucifere, ovvero senape, rape, cavolfiore, ravanelli, cavolo e cavolini di Bruxelles, dal momento che riescono ad agire in modo positivo nei confronti del metabolismo degli ormoni. Meglio consumare il pesce, piuttosto che le proteine animali, da accompagnare con una buona quantità di fibre, tramite il consumo di frutta, cereali, verdura e legumi. Meglio limitare anche l’apporto di latticini e uova, anche se questi non devono essere eliminati dalla propria dieta per garantire la quantità totale di calcio per prevenire l’osteoporosi.
Cenni storici
Il tumore al seno è una delle forme tumorali più antiche della storia dell’umanità. Non veniva ancora definito come tumore o cancro, ma sembra stando alla letteratura medica che sia stato scoperto in Egitto intorno al 1600 a.c. Infatti, Papiro Edqin Smith descrive ben otto casi di tumori o ulcere al seno, che venivano trattate mediante la tecnica della cauterizzazione. In letteratura sono presenti diverse diagnosi di tumore al seno, ma fino a qualche tempo fa venivano considerate diagnosi senza alcuna possibilità di guarigione. Solo nel XVII secolo, invece, si ha coscienza dell’esistenza di un legame tra il carcinoma mammario ed i linfonodi dell’ascella. I primi a rimuovere un linfonodo sono stati il chirurgo francese Jean Louis Petit e quello scozzese Benjamin Bell. Da qui poi il primo intervento chirurgico di mastectomia è stato eseguito nel 1882 da William Stewart Halsted. Da quel momento la “mastectomia radicale secondo Halsted” divenne un metodo chirurgico molto conosciuto ed è rimasto in voga fino agli anni settanta del ventesimo secolo.
Verso la fine del XIX secolo Hansemann espresse per primo l’idea che fosse possibile tracciare una scala per misurare la morfologia di un tumore. Incoraggiati da questi risultati, furono Scaraff e Handley, nelò 1939, a classificare dei tumori al seno secondo i gradi di malignità.
Le prime varietà tumorali
Nel corso dei decenni sono state descritte parecchie varietà di tumore al seno, ma c’è sempre stata parecchia difficoltà nel farlo per via della grande varietà di denominazioni adottate nei vari paesi del mondo. Il primo a decretare quattro nomi fu Billroth, che li denominò nello specifico:
- Nodulo carcinomatoso in parte molle in parte duro
- Infiltrazione carcinomatosa
- Carcinoma atrofico o cicatriziale
- Carcinoma colloide
Oltre alla definizione, inoltre, Billroth, diede anche una descrizione molto dettagliata sia a livello macroscopico che a livello microscopico. Inoltre, lo scienziato fu capace di correlare il comportamento clinico del tumore con il tipo istologico e mise in atto una sorta di classificazione basata sulla maggiore o minore aggressività biologica. Rimanevano comunque oscure le cause che determinassero l’insorgenza di un tumore al seno.
I primo trattamenti chirurgici di tumore al seno
Le fasi che hanno caratterizzato l’evoluzione del trattamento chirurgico dei tumori al seno sono quattro:
- impiego della chirurgia solo a livello locale
- primi tentativi di chirurgia loco-regionale
- sviluppo delle basi intellettuali e prime applicazioni pratiche di chirurgia radicale
- trattamento chirurgico nell’ambito di una strategia terapeutica più articolata e complessa.
Già dai tempi di Erodoto, si citano casi in letteratura di asportazione di mammelle, sebbene questa pratica venisse utilizzata come punizione per le adultere, il cui corpo veniva in questo modo deturpato per sempre. I migliori interventi chirurgici dell’antichità sono con tutta probabilità quelli eseguiti dalla Scuola di Alessandria, che sembrano essere sebbene in modo rudimentale abbastanza sofisticati. Una prima descrizione accurata di un’operazione di mastectomia, però, arriva da Galeno, mentre per una più tecnica bisognerà aspettare Ezio di Amida, che già esponeva il metodo del “tagliare e cauterizzare”. Curiosa ed allo stesso tempo molto cruenta la mastectomia praticata da Johann Scultetus, il quale per favorire l’amputazione della mammella la trafiggeva prima con una corda e la trazionava. Piano piano, ovviamente, le tecniche si sono affinate, ma non sono rari i casi di utilizzi di spadoni o di forchettoni per procedere alla rimozione di una mammella.
Nascita della strategia terapeutica
Bisognerà aspettare il Novecento per iniziare ad avere un approccio più scientifico e preciso al tumore al seno. Nel 1948 Patey e Dyson, ad esempio, hanno pubblicato i risultati di 46 mastectomie tramite un nuovo metodo:
- ampia escissione della pelle
- conservazione del grande pettorale
- dissezione ampia dell’ascella, sollevando in alto il braccio in modo tale da rilasciare il grande pettorale
- conservazione del nervo pettorale laterali,ovvero il principale nervo trofico del grande pettorale.
Questa tipologia di intervento segna un momento importantissimo nel trattamento chirurgico del tumore al seno, dal momento che rovescia le basi concettuali sulla diffusione del tumore, ma soprattutto scardina completamente il concetto secondo il quale la cute rivestisse un ruolo fondamentale nella formazione del tumore al seno. Piano piano, come sempre succede in medicina, le scoperte si susseguono e spesso una va scardinare l’alta. Ovviamente durante questo cammino non sono rari momenti di pessimismo, in cui intuizioni avventate possono portare a teorie che si rivelano nel tempo infondate o poco efficaci.
Tumore al seno negli uomini
Anche se può sembrare una contraddizione in termini, esistono casi seppure isolati di tumore al seno anche nel sesso maschile. Infatti, anche negli uomini sono presenti piccole quantità di tessuto mammario ed è proprio quella zona che può essere interessata da processi neoplastici. Questo tipo di tumore al seno colpisce solitamente soggetti di età superiore ai 60 anni, anche se la letteratura medica parla di soggetti colpiti da questa patologia anche in età più giovane.
Cause e fattori di rischio
Esattamente come nel caso del tumore al seno femminile, anche per quello al seno maschile ancora non si conoscono le cause che lo determinino, ma sono stati identificati però alcuni fattori di rischio, che possono contribuire più o meno con la formazione della patologia. Fra questi abbiamo:
- trattamento ormonale, cura del tumore alla prostata o operazioni per il cambio del sesso
- sindrome di Klinefelter, ovvero una patologia genetica caratterizzata dalla presenza di un cromosoma sessuale X in più nei soggetti di sesso maschile
- obesità
- esposizione a luoghi particolarmente caldi. Pare, infatti, che lavorare o comunque permanere per molto tempo in ambienti molto caldi, come acciaierie, altiforni,o fabbriche metallurgiche, possa portare un danno testicolare che può causare un aumento di estrogeni, causa possibile di un tumore al seno.
Stadiazione
La stadiazione di un tumore al seno negli uomini va dallo stadio 1 allo stadio 4. Vediamoli nello specifico:
- stadio 1 – la massa tumorale non supera i 2 cm di diametri e non si è diffuso ai linfonodi ascellari
- stadio 2 – il tumore ha un diametro tra i 2 ed i 5 cm e possono essere già stati interessati i linfonodi ascellari
- stadio 3 – le dimensioni del tumore sono superiori ai 5 cm con interessamento linfonodale e dei tessuti circostanti
- stadio 4 – il tumore ha già originato delle metastasi.
Anche nel caso del tumore al seno maschile la diagnosi precoce è essenziale per la totale guarigione, ma anche per evitare cure più invasive. Sottoporsi, quindi, agli esami specifici per l’individuazione di un tumore al seno è essenziale sia neglle donne che negli uomini.
Clinica
Le manifestazioni cliniche di un tumore al seno vedono come sintomo più evidente la presenza di un nodulo. Altri sintomi possibili possono essere ulcerazione del capezzolo del seno interessato, secrezioni liquidi e capezzolo che si ritrae. Qualora il tumore al seno fosse già in una fase più avanzata si possono osservare anche ingrossamento dei linfonodi del petto e di quelli ascellari, dolore al petto e dolori ossei, generalmente generati dalla presenza di metastasi.
Accertamenti diagnostici
Nel caso si sospetti la presenza di un tumore al seno, bisognerà subito sottoporsi agli esami preposti, che sono gli stessi di quelli utilizzati per la diagnosi del tumore al seno nelle donne, ovvero ecografia, mammografia e biopsia. Solo in un secondo tempo si potranno valutare le terapie ed i trattamenti più indicati a seconda dello stadio della malattia
Trattamento
Le modalità di trattamento e di intervento sono diverse:
- chirurgia, con un intervento chirurgico quale mastectomia, che consiste nella rimozione del seno e dei linfonodi ascellari
- radioterapia, dopo la mastectomia ma anche in caso di tumore al seno non operabile
- terapia ormonale, quando gli esami clinici hanno dimostrato la presenza di recettori ormonali sulle pareti delle cellule neoplastiche.
Nel caso in cui non siano presenti i recettori per gli estrogeni nelle pareti cellulari si può ricorrere alla chemioterapia, metodo utilizzato anche quando ci si trova di fronte ad un tumore inoperabile. Solitamente dopo l’intervento viene prescritta una terapia farmacologica a base di tamoxifene. I tassi di sopravvivenza ad un tumore al seno maschile sono molto elevati, quasi il 100%, se la malattia viene diagnosticata quando è ancora agli stadi iniziali, mentre scende drasticamente se il tumore ha già generato delle metastasi.