Trovato l’ormone che protegge dalle infiammazioni intestinali

Uno studio italiano, pubblicato sulla rivista scientifica EbioMedicine, ha portato a scoprire che l'ormone Fibroblast Growth Factor19 protegge dalle infiammazioni intestinali.

Trovato l’ormone che protegge dalle infiammazioni intestinali

Il morbo di Crohn è una malattia infiammatoria cronica che provoca infiammazione e irritazione dell’apparato digerente e che può interessare contemporaneamente diversi tratti dell’intestino, soprattutto quello tenue. Purtroppo ad oggi non esiste una vera e propria cura per il morbo di Crohn e perciò i pazienti che ne sono affetti si affidano semplicemente a trattamenti che mirano al controllo dei sintomi (crampi e dolori addominali, diarrea, gonfiore, stanchezza, perdita di peso corporeo) e alla prevenzione delle complicazioni.

Nuove speranze per coloro che soffrono del morbo di Crohn arrivano però da un recente studio coordinato da Antonio Moschetta, ordinario di medicina interna dell’Università di Bari, e pubblicato sulla rivista scientifica EbioMedicine. Questo studio, che ha avuto anche il sostegno della fondazione Airc, ha condotto alla scoperta di un ormone, il Fibroblast Growth Factor19 (FGF19), in grado di difendere l’organismo dall’infiammazione intestinale, riducendo così il rischio di sviluppare il cancro del colon-retto.

Il Fibroblast Growth Factor19 viene prodotto dall’intestino in seguito all’ingestione di specifici nutrienti e, non solo segnala la fine della digestione, ma è anche responsabile della regolazione della produzione di bile e di una serie di processi metabolici, tra cui il metabolismo di grassi e di zuccheri.

Questo ormone invia segnali al fine di ridurre la produzione epatica di acidi biliari e innesca dei meccanismi capaci di contrastare gli stimoli infiammatori. Tra questi meccanismi abbiamo, ad esempio, l’inibizione dei processi attivati dalle cellule immunitarie e la regolazione del microbiota. I ricercatori, inoltre, hanno osservato che gli individui affetti dal morbo di Crohn hanno in genere livelli di FGF19 più bassi del normale.

Antonio Moschetta ha commentato: “È un passo avanti nella conoscenza dei meccanismi regolati dall’ormone FGF19 […] L’eventuale utilizzo terapeutico di FGF19 nei soggetti affetti da malattie infiammatorie croniche dell’intestino potrà essere agevolato dal fatto che esso è attualmente in fase 3 nelle terapie sperimentali di gravi patologie epatiche come fibrosi e steatoepatite, e quindi il suo profilo di sicurezza e tollerabilità nei pazienti è ampiamente stabilito”.

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