Trovate tracce di farmaci e antibiotici nel latte italiano. Possibili rischi per la salute

Alcuni test hanno mostrato come nel latte italiano ci siano tracce di antinfiammatori, antibiotici e farmaci in generale. SI tratta di un pericolo per gli esseri umani.

Trovate tracce di farmaci e antibiotici nel latte italiano. Possibili rischi per la salute

Il Salvagente è un’organizzazione che si occupa di test di laboratorio e nel suo ultimo articolo ha menzionato la presenza di farmaci e antibiotici nel latte italiano. Sono stati analizzati 21 campioni di latte, misti tra confezioni “fresche” e a lunga conservazione. Sono state analizzate sia le confezioni vendute nei discount, che quelle nei supermercati più rinomati ed il risultato non è stato dei migliori.

I tipi di farmaci ritrovati in maggior quantità sono il dexamethasone (un cortisonico), il neloxicam (un antinfiammatorio) e l’amoxicillina (un antibiotico); le concentrazioni arrivano fino a 1,80 mcg/kg.
Tra i marchi analizzati ci sono Parmalat, Granarolo, Carrefour, Esselunga, Lidl, Coop, Conad e altri.

Farmaci nel latte: quali rischi si corrono?

I farmaci ritrovati nel latte sono spesso utilizzati per guarire le vacche da latte dalle mastiti, un’infiammazione che colpisce la ghiandola mammaria. Il fatto che siano rimaste le tracce di tali farmaci, indica che hanno funzionato.
La domanda che può sorgere spontanea è se effettivamente questi farmaci che hanno mostrato beneficio agli animali, in realtà siano pericolosi per l’uomo se ingeriti.

Il primo pericolo a cui si va incontro è che assumendo del cibo con farmaci, il rischio è una maggior formazione di batteri resistenti agli antibiotici. Questo logicamente può rappresentare un problema, soprattutto se si è costretti ad assumerne una certa quantità per combattere alcune infiammazioni.

Un secondo pericolo legato all’assunzione di questo particolare tipo di alimento è che l’introduzione di infiammatori “extra” va a modificare quello che è l’ottimale equilibrio del microbiota intestinale. Il microbiota è l’insieme di organismi che “vivono” non solo nell’intestino, ma anche in altre parti del corpo.

L’analisi è stata effettuata tenendo conto di alcune misure sperimentate dall’Università di Napoli, la Federico II, in collaborazione con l’Università di Valencia. Lo stesso approccio è stato già utilizzato in passato per analizzare dei campioni simili. Il test ha mostrato che i bambini e i neonati potrebbero essere più vulnerabili a questo tipo di sostanze, in quanto non ancora perfettamente formati.

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