Una recente ricerca condotta dal Centro di riferimento per la medicina di genere dell’Istituto superiore di sanità, in collaborazione con l’Università di Bologna e il Cnr di Roma e pubblicata su “Cell Death and Disease”, ha dimostrato per l’ennesima volta che essere uomini piuttosto che donne condiziona l’insorgenza di alcune patologie, ma anche e soprattutto la risposta ai trattamenti.
In particolare, nell’ambito di questo studio, i ricercatori hanno dimostrato che, sottoposte a stress, le cellule degli uomini tendono ad attivare processi di morte cellulare programmata chiamati apoptosi, mentre le cellule delle donne si preparano a combattere il “problema” inducendo meccanismi protettivi di autofagia.
Gli scienziati hanno inoltre scoperto che questa differente risposta è determinata da alcuni componenti molecolari chiamati microRNA (MiRNA). Per chi non fosse esperto, stiamo parlando di brevi sequenze di materiale genetico che regolano l’espressione dei geni e che influenzano quindi il comportamento delle cellule (funzioni, specializzazioni, capacità proliferativa..).
Il microRNA responsabile di queste differenze potrebbe essere quello chiamato miR548am-5p. I ricercatori hanno osservato che il miR548am-5p era presente nelle cellule femminili umane analizzate (fibroblasti di cute) a livelli cinque volte maggiori rispetto alle stesse cellule maschili.
Una delle autrici dello studio, Anna Ruggieri, ha spiegato: “L’alto livello del miR548am-5p nelle cellule femminili sarebbe responsabile della maggiore resistenza a diversi tipi di stress, attraverso la regolazione di alcuni geni, come Bax e Bcl2, coinvolti nei meccanismi di morte mediata dai mitocondri”.
Paola Matarrese dell’Iss, altra autrice della ricerca, ha dichiarato in conclusione: “La scoperta che non solo geni, ma anche elementi regolatori della loro espressione siano presenti in quantità diverse tra uomo e donna dimostra ancora una volta come la biologia dei due sessi sia fondamentalmente diversa e come tale vada affrontata. Una delle importanti ricadute di questa scoperta è dunque il potenziale utilizzo di questi microRna come biomarcatori di quelle malattie che colpiscono i due sessi in maniera diversa, oltre che come nuovi bersagli terapeutici sesso-specifici”.