La tassa sulla sigaretta elettronica è incostituzionale: l’ha stabilito la Consulta, con una sentenza depositata quest’oggi (venerdì 15 Maggio) nella quale è stato spiegato come la discrezionalità tributaria vada necessariamente incontro a determinati limiti. La Consulta ha infatti stabilito che la tassazione delle sigarette è corretta, in quanto è oramai cosa nota il fatto che siano un bene gravemente nocivo per la salute, e siano quindi passibili di essere soggette al provvedimento in questione. La stessa cosa non si può però affermare nei confronti delle sigarette elettroniche.
Queste ultime infatti non hanno offerto lo stesso tipo di motivazione stando agli studi in materia condotti finora, tant’è che come spiegato dalla stessa Consulta: “Questo presupposto non è ravvisabile in relazione al commercio di prodotti contenenti altre sostanze”, nella fattispecie sostanze diverse dalla nicotina incriminata. Per questa ragione sarebbe incostituzionale tassare le sigarette elettroniche.
La tassa avrebbe dovuto essere pari al 58,5% del prezzo pubblico dei liquidi utilizzati per le sigarette elettroniche: una vera e propria maxi-stangata, che avrebbe fatto lievitare alle stelle i prezzi, con gran gioia delle multinazionali del tabacco che avrebbero così drammaticamente ridotto il loro potere concorrenziale. Ma questa tassa, introdotta dal decreto legge 76 del Giugno 2013, che si proponeva di mettere sullo stesso piano sigarette elettroniche e tradizionali, è stata ritenuta da Giuliana Amato: “Del tutto irragionevole”.
La Amato, relatore della Consulta, nella sentenza numero 8 ha spiegato che la tassa in questione viola palesemente l’articolo 3 della Costituzione italiana, e che non sia possibile applicare “L’estensione del regime amministrativo e tributario proprio dei tabacchi anche al commercio di liquidi aromatizzati, e di dispositivi per il relativo consumo, i quali non possono essere considerati succedanei al tabacco”.
La Corte ha inoltre rilevato la “Violazione della riserva di legge prevista dall’articolo 23 della Costituzione, che impone al legislatore l’obbligo di determinare preventivamente i criteri direttivi e le linee generali di disciplina della discrezionalità amministrativa”.