Un team di ricercatori italiani dell’Istituto Mario Negri/ Dipartimento di Farmacologia e Scienze biomediche dell’Università degli Studi di Milano, guidati da Tiziana Borsello, in collaborazione con i ricercatori del Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi (NICO) dell’Università di Torino, è riuscito di recente a sintetizzare, basandosi su modelli animali, un farmaco inibitore capace di proteggere il cervello umano fino a 6 ore dopo il verificarsi di un infarto cerebrale (conosciuto anche con i nomi di ictus o attacco cerebrale ischemico).
Si verifica un attacco cerebrale ischemico quando una scarsa perfusione del sangue al cervello provoca la morte delle cellule, ovvero quando il flusso sanguigno diretto al cervello risulta essere bloccato .
Il farmaco inibitore in questione si chiama gadd45beta, è un inibitore specifico della proteina mkk7, proteina responsabile proprio della morte dei neuroni in seguito ad attacco ischemico cerebrale, ed è in grado di ridurre i danni di circa il 50%.
Quando si verifica un attacco ischemico, si sa, più è breve l’arco di tempo nel quale si agisce sul paziente e minori saranno le conseguenze negative sulla sua salute cerebrale. Questo farmaco, avendo una durata protettiva di 6 ore, consente di allungare tale tempo di azione.
Tiziana Borsello ha dichiarato: “Attualmente non ci sono trattamenti farmacologici approvati per il trattamento dell’ictus ad eccezione dell’ Attivatore tissutale del plasminogeno (rT-PA) che ha caratteristiche che ne limitano l’efficacia, quindi il nuovo composto rappresenta una buon risultato ed è importante sottolineare che anche 6 ore dopo l’infarto protegge sempre il danno al 50%”.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista “Cell Death and Disease”. Prima che il farmaco venga utilizzato, come precisano i ricercatori stessi, dovranno essere effettuate ulteriori sperimentazioni cliniche che ne attestino l’efficacia e, se questa verrà confermata, in futuro potremmo assistere ad una riduzione significativa dei danni connessi al verificarsi di infarti cerebrali e a maggiori possibilità di recupero.