Lo studio intitolato “miR-579-3p controls melanoma progression and resistance to target therapy”, pubblicato sulla rivista PNAS e finanziato dall’Airc (Associazione italiana ricerca sul cancro), ci dà delle novità molto importanti nella cura del melanoma cutaneo maligno.
Per chi fosse poco informato, il melanoma cutaneo è un tumore causato dalla trasformazione tumorale dei melanociti, un tipo di cellule che formano la nostre pelle. Generalmente colpisce 13 persone ogni 100.000, perlopiù appartenenti alla fascia di età che va dai 40 ai 50 anni (raramente i bambini).
Recentemente un gruppo di ricercatori italiani, appartenenti all’Istituto Pascale di Napoli e alla struttura complessa di Oncologia medica Melanoma, ha scoperto che esiste una molecola, appartenente alla famiglia dei micro-Rna e presente soprattutto nei nei (o nevi cutanei), chiamata miR-579-3p, responsabile della produzione di due proteine (oncogeni), i quali favoriscono la crescita tumorale.
Infatti, quando la presenza di miR-579-3p si abbassa, cioè man mano che il melanoma diventa più aggressivo, sale quelli degli oncogeni. Inoltre, i ricercatori hanno osservato con stupore che se invece la miR-579-3p viene somministrata alle cellule tumorali dall’esterno (somministrazione esterna), il livello degli oncogeni diminuisce e le cellule maligne vengono via via distrutte.
Il direttore scientifico dell’Istituto Pascale, Gennaro Ciliberto, ha spiegato: “Alla luce di questi risultati si può aprire la possibilità di utilizzare attraverso approcci nanotecnologici il miR-579-3p come farmaco per migliorare le attuali terapie. Inoltre si potranno misurare i livelli del miR nel sangue come nuovo biomarcatore per predire in maniera precoce l’evoluzione dalla malattia e lo sviluppo di resistenza alle terapie”.
Questa scoperta arriva pochi giorni dopo un’altra, sempre relativa alla cura del melanoma: un gruppo di studiosi della Tel Aviv University e del German Cancer Research Center di Heidelberg avrebbe scoperto il meccanismo attraverso il quale il melanoma si diffonde agli altri organi umani e dunque il modo di fermarne le metastasi.