I ricercatori del Ceinge, il Centro di ricerca di ingegneria genetica di Napoli, hanno svolto un nuovo studio sulle possibili cause della schizofrenia, facendo una scoperta davvero significativa. Questo disturbo colpisce una persona su cento in tutto il mondo e solo in Italia i malati di schizofrenia sono circa 500.000. Una stima piuttosto scoraggiante, che va a unirsi a quelle dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, la quale colloca questa malattia al settimo posto tra le patologie debilitanti, e alle conseguenze economiche che gravano sulle famiglie e sulle spese pubbliche.
La ricerca, che ha coinvolto personaggi e istituzioni di nota rilevanza nel settore e che è stata addirittura finanziata, tra gli altri, dal governo statunitense, ha scoperto che all’origine della schizofrenia si trova un “complesso percorso molecolare” che inizia addirittura nella fase embrionale dello sviluppo cerebrale. Il gruppo di ricerca, guidato da Alessandro Usiello e Francesco Errico, ha osservato, nello specifico, l’importanza del ruolo di un determinato aminoacido nella regolazione dei processi chimici che vanno poi a modificare la regolare attività neurale, portando a quei cambiamenti che originano la schizofrenia.
Si tratta dell’acido aspartico D, un amminoacido usato dal cervello come neurotrasmettitore (eccitotossina), e una quantità troppo elevata può andare a causare disturbi anche gravi, tra cui la schizofrenia, appunto. Questo D-aminoacido ha anche il ruolo di potenziare l’attività dei recettori NMDA (N-Metil-D-Aspartato), il cui funzionamento nei pazienti affetti risulta essere compromesso già nelle fasi embrionali dello sviluppo del cervello.
E’ stato poi dimostrato, da altri studi di recente pubblicazione, che una variante del gene di un enzima denominato D-aspartato ossidasi è indice di alti livelli di D-aspartato, associandosi dunque a un aumento in soggetti sani della materia grigia corticale e a un miglioramento della memoria a breve termine, fattori che sono invece altamente compromessi nei pazienti malati di schizofrenia. Lo studio ha rilevato quindi che un aumento dei livelli di questo enzima provocherebbe la riduzione dei livelli di D-aspartato nei pazienti schizofrenici.
Questa scoperta fa quindi sperare in una possibile cura o, per lo meno, nel miglioramento e potenziamento dei trattamenti e delle terapie adesso in uso per alleviare i sintomi, soprattutto in considerazione del fatto che il 30% dei malati ancora non risponde alle terapie.